Dal calcio a Industry 4.0: Italia vs Germania non finisce mai
Nella prossima legge di Stabilità il Mise vuole inserire le misure per dare vita al piano dedicato alla nuova manifattura. Ma la sfida sul fronte dell’innovazione digitale con i tedeschi è ancora più difficile di quella appena andata in scena a Euro 2016.
Pubblicato il 04 luglio 2016 da Gianni Rusconi

Nella prossima legge di Stabilità il Ministro dello Sviluppo Economico vuole inserire le misure per dare vita al piano dedicato alla nuova manifattura. Ma la sfida sul fronte dell’innovazione digitale con i tedeschi è ancora più difficile di quella appena andata in scena a Euro 2016.
Quella fra Italia e Germania resta una partita infinita. Lo ha detto anche una leggenda del pallone tricolore come Dino Zoff, riferendosi ovviamente all’esito (sfortunato) del quarto di finale di Euro 2016. La partita fra i due Paesi, lo sappiamo tutti, si gioca anche su altri fronti rispetto al rettangolo verde, per esempio quello della manifattura 4.0.
E allo stato attuale delle cose la Germania, come del resto in campo calcistico, è più “forte” dell’Italia, le è davanti perché è partita prima nel processo di rinnovamento, investendo più risorse e coinvolgendo concretamente più soggetti (centri di ricerca, imprese private, aziende tecnologiche. distretti produttivi, esperti…) nella partita.
Il nostro Paese, come è risaputo per gli addetti ai lavori, aspetta da circa un anno il piano strategico per Industria 4.0, “Manifattura Italia”: l’obiettivo del nuovo ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, è quello di vararlo entro settembre in modo da inserire nella legge di Stabilità del prossimo autunno le misure necessarie per favorire l’avvento della quarta rivoluzione industriale.
Il tavolo di lavoro che il Mise ha avviato vede partecipare organismi privati come Confindustria ed enti pubblici come la Cassa depositi e prestiti; vista la complessità dell’argomento, la presenza più strutturata di qualche rappresentante del mondo accademico e dell’industria Ict forse era lecito aspettarselo.
Rendere sistematico, e in modo organizzato, il ricorso alle tecnologie digitali e ai robot nei processi produttivi ha già avuto l’effetto – nei Paesi guida come la Germana – di riportare verso l’Europa attività produttive precedentemente delocalizzate in Asia per sfruttare il basso costo del lavoro.
Vale anche per il tessuto manifatturiero italiano? Mica tanto. La mancanza di risorse e la dimensione medio piccola delle realtà produttive italiane rimangono gli ostacoli principali all’adozione dei principi di Industry 4.0. E quando le risorse saranno reperibili, il primo passo in avanti da fare sarà quello di evitare che le risorse vengano distribuite a pioggia e quindi in modo inefficiente.
Vincere la scommessa di Indusry 4.0, l’hanno detto in tanti, sarà portare all’interno delle aziende maggiori capacità di interconnessione e cooperazione tra tutte le risorse della fabbrica, e quindi macchinari, persone e informazioni, siano esse interne o distribuite lungo la catena del valore.
L'Italia, come detto, è partita in ritardo rispetto alla Germania (che ci sta davanti anche nella classifica europea in fatto di produzione manifatturiera) e ha viaggiato a una velocità inferiore in questi ultimi mesi in termini di innovazione del sistema industriale. Per questo il Ministero dello Sviluppo vuole intervenire già nella prossima legge Finanziaria per recuperare velocemente il terreno perduto, attraverso iniziative che si divideranno in due filoni, le politiche industriali attive e le politiche per la produttività totale dei fattori.
Per attuare la rivoluzione di Industry 4.0 servono a livello europeo circa 60 miliardi di euro annui fino al 2030 e di questi la quota italiana va dagli 8 ai 10 miliardi relativi alla sola Italia. La spesa in ricerca e sviluppo delle aziende della Penisola in ricerca e sviluppo, anche se in aumento, è ancora inferiore rispetto alla media dell’Unione europea (lo 0,7% del Pil contro l’1,3% della media Ue) e si spiega anche per questo che i brevetti depositati sono in inferiorità (73,7 per milione di abitanti contro i 112,8 europei) rispetto alle locomotive della Ue.
La Germania, tanto per cambiare, ha già messo sul piatto poco meno di mezzo miliardo di euro per Industry 4.0 dando la luce a 22 progetti dedicati e 11 centri di competenza nazionale.
Come colmare il gap
Il divario in fatto di innovazione digitale dentro le fabbriche fra sistema tedesco e italiano è insomma decisamente più marcato ed evidente che non quello esibito dalle rispettive nazionali calcistiche. Molti sono gli esperti della Penisola che hanno ammesso come le direzioni strategiche, le risorse, gli investimenti e la qualità dei progetti che può mettere in campo la Germania sono di gran lunga superiori agli attributi (la creatività, l’originalità, l’adattabilità, l’artigianalità produttiva e la tradizione di distretti manifatturieri che il mondo ammira come quello emiliano) con i quali l’Italia prova a riemergere.
Se l’Italia dovesse replicare lo schema tedesco per giocare la partita di Industry 4.0 rischierebbe di fare un buco nell’acqua (rischio che ha corso il Ct germanico Joachim Loew “copiando” la tattica di gioco della squadra allenata da Antonio Conte) e quindi serve una ricetta personalizzata per costruire la fabbrica del futuro.
O come, qualcuno auspica, pensare a un modello che calcisticamente non è possibile perseguire. E cioè quello di una collaborazione sinergica fatta di legami economici forti (alcune imprese meccaniche dell’Emilia-Romagna sono già partecipate da aziende tedesche) su una filiera verticale e di una condivisione virtuosa dell’economia della conoscenza, atta a stimolare per ogni Paese un proprio percorso di specializzazione.
Il modello della Germania si può riassumere con l’immissione di tecnologie e software in produzioni altamente standardizzate, con elevata economia di scala e in cui il fattore umano gioca un ruolo secondario. L’Italia non ha un tessuto manifatturiero con queste caratteristiche e quindi deve puntare sulla digitalizzazione delle fabbriche (si pensi alla stampa 3D ma non solo) per aumentare il valore dei suoi prodotti.
Tornando al paragone calcistico, ci sono elementi in gioco tali da poter dire che la partita con la Germania non è ancora persa. Esattamente come successo a Bordeaux sabato scorso, la governance della sfida è in mano ai tedeschi ma nessuno può escludere che l’Italia possa recuperare facendo leva su quello che oggi è visto come un limite per l’adozione di Industry 4.0. E cioè le piccole e medie imprese specializzate.
Se Conte si è affidato (forse sbagliando, vero Zaza?) alla forza e meno all’astuzia per sbancare la lotteria dei calci di rigore e sappiamo tutti come è andata, il ministro Calenda dovrebbe forse provare a vincere la sfida di Industry 4.0 valorizzando in termini di sistema Paese le capacità delle Pmi e delle imprese artigiane. In attesa, naturalmente, del prossimo incrocio (Mondiali 2018?) sul prato verde.
ITALIA