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I colossi It si rifanno il look fra fusioni, spin merge e spin out

Pubblicato il 08 settembre 2016 da Valentina Bernocco

Chiuso il processo di fusione tra Dell ed Emc, che cessano di esistere. Dell Technologies è la più grande azienda It privata del mondo con un fatturato annuo di 74 miliardi di dollari. Hpe scorpora le attività relative al software e con un’operazione da 8,8 miliardi nasce una nuova società partecipata con Microfocus, che avrà in Suse un partner preferenziale per Linux. Intel ha confermato la cessione di Intel Security, che tornerà a chiamarsi nuovamente McAfee e sarà controllata al 51% dal fondo di private equity Tpg.

Settimana cruciale, questa, per il mondo dell’information technologies. E non ci riferiamo all’annuncio dell’iPhone 7 di Apple. A rubare la scena, per una volta, non sono le grandi firme dell’universo tech alla Google o alla Facebook. Ma i “vecchi” protagonisti del mondo It, ora proiettati (a vari livelli) verso nuove frontiere di sviluppo e di applicazione dell’hardware e del software.

La notizia più importante, per quanto ampiamente annunciata, è la nascita di Dell Technologies, il frutto della fusione tra l’azienda di Michael Dell ed Emc, che cesseranno formalmente di esistere come entità singole per dare vita a un nuovo colosso da 74 miliardi di dollari di fatturato annuo stimato.

A quasi un anno dall’annuncio (il merge tra le due realtà, dal valore di 67 miliardi di dollari, è stato reso pubblico a ottobre 2015) ha quindi preso vita la più grande azienda tecnologica privata del pianeta e i suoi 140mila dipendenti saranno da subito chiamati a mettere a frutto l’enorme bagaglio di soluzioni dei cataloghi di Dell ed Emc.

Si parla di una società basata principalmente su tre pilastri, che corrispondono ad altrettante aree di business: il brand Dell per i prodotti client (Pc, server, networking e così via); Dell Emc per le soluzioni infrastrutturali e i servizi e infine tutto il gruppo indipendente composto dalla ex Emc Federation, vale a dire Boomi, Pivotal, Rsa, Secureworks, Virtustream e Vmware (l’unica società ad oggi quotata).

In sintesi la nuova realtà offrirà un portfolio di soluzioni a 360 gradi, comprendente hardware, virtualizzazione, servizi Platform-as-a-Service (PaaS) e per lo sviluppo applicativo, sia tradizionale sia cloud native.

Con la chiusura delle transazioni Michael Dell, che ha assunto il doppio ruolo di chairman e Ceo di Dell Technologies, è entrato nel consiglio di amministrazione di Vmware in qualità di presidente. Gli azionisti di Emc, invece, hanno ricevuto 24,05 dollari per azione in contanti, oltre a delle tracking stock (azioni che seguono la performance di una divisione) legate a una porzione della partecipazione economica dello stesso ex colosso dello storage in Vmware (circa l’80%).

Tra i principali numeri del nuovo gruppo, spiccano i 25 impianti produttivi, i 20mila brevetti compresi quelli in corso di approvazione e 12,7 miliardi di dollari investiti complessivamente in ricerca e sviluppo negli ultimi tre anni. Ma un’operazione di questo genere porta ovviamente con sé problemi non da poco, sia di natura tecnica sia finanziaria.

Per sostenere la fusione, Dell ha cercato di sfrondare la propria struttura dove possibile e ha finanziato il restailing facendo nuovo debito, che ad oggi dovrebbe ammontare a quasi 50 miliardi di dollari di esposizione. Ma se sulla carta il più è ormai fatto, si dovrà vedere ora come procederà la nuova avventura dal punto di vista pratico.

È invece una mossa a sorpresa che ha sorpreso molti quella di Hpe sorprende tutti, annunciando – dopo mesi di rumors – la sorte delle sue attività legate al software, che passeranno nelle mani della società britannica Micro Focus con un’operazione da 8,8 miliardi di dollari (di cui 2,5 miliardi da corrispondere in cash). Questi asset non saranno però semplicemente venduti, come le tante indiscrezioni avevano lasciato intendere, citando fondi di private equity specializzati in buyout come pretendenti all’acquisizione.

Al contrario, l’azienda di Meg Whitman ha replicato il meccanismo dello “spin-merge” già adottato per gestire l’esternalizzazione della sua divisione Enterprise, quella che opera con i servizi business: come anticipato, lo scorso maggio, verrà infatti creata una nuova società co-partecipata pariteticamente da Hpe e da Csc (Computer Sciences Corporation). Salvo interposizioni degli azionisti o degli organismi antitrust, l’operazione dovrebbe chiudersi nel terzo trimestre dell’anno prossimo e si raggiungerà così un duplice obiettivo: da un lato, Hewlett Packard Enterprise diventerà più snella, dall’altro non si perderà “massa critica” ma anzi la si guadagnerà creando un nuovo, grande soggetto fornitore di servizi.

Questo stesso schema ora si ripete con il software con uno spin-merge di una parte di attività definite come “non-core”. L’azienda (a sua volta nata dalla scissione della vecchia Hewlett Packard in Hpe e Hp) continuerà a focalizzarsi sull’hardware – server, sistemi per lo storage, infrastrutture convergenti – mentre esternalizzerà l’offerta di Application Delivery Management, gestione dei dati e dei Big Data, gestione delle operations, analytics e sicurezza.

“La combinazione delle attività di Hpe di Application Delivery Management, Big Data, Enterprise Security, Information Management & Governance e It Operations Management con Micro Focus creerà una della più grandi società di software ‘pure’”, ha scritto Meg Whitman nella nota ufficiale.

Quella risultante sarà in poche parole un’azienda che continuerà a investire nello sviluppo del prodotto, a beneficio di clienti e investitori. A tal proposito, va detto che gli azionisti di Hpe manterranno il 50,1% delle azioni della nuova società.

Passando a toni più diretti, la Ceo ha poi proseguito: “Voglio essere cristallina: Hpe non sta uscendo dal mercato del software. Il software è ancora un abilitatore cruciale nella nostra strategia di lungo termine, ma abbiamo bisogno dei giusti asset per avere successo nei nostri mercati target. Guardando avanti, raddoppieremo le nostre capacità software, quelle che alimentano e differenziano le nostre soluzioni, e che sono critiche in un ambiente cloud”.

L’accordo fra Hpe e Micro Focus, come si legge in un comunicato ufficiale, prevede anche che la nuova società consideri Suse come “partner preferenziale” per Linux e per le attività che ruotano intorno a OpenStack (per esempio l’inrastruttura cloud Helion OpenStack e la piattaforma applicativa Helion Stackato). Suse e Hpe, prosegue la nota, “stanno lavorando insieme per definire le specifiche della collaborazione commerciale, con l’aspettativa di completare il lavoro nel quarto trimestre del 2016”.

Hpe, in queste ore, ha anche diffuso i numeri sui risultati finanziari del terzo trimestre (chiuso il 31 luglio) e si tratta nel complesso di buone notizie per gli azionisti: il fatturato ha raggiunto i 12,2 miliardi di dollari, con un calo del 6% rispetto all’analogo periodo dell’anno scorso, anche se al netto delle oscillazioni di valuta, tuttavia, la contrazione si limita all’1%. Gli utili hanno, invece, toccato quota 49 centesimi per azione, superando le previsioni degli analisti di 45 centesimi. Per il trimestre in corso, l’azienda prevede invece di generare un Eps non-Gaap compreso fra i 58 e i 63 centesimi per azione.

Joe Tucci, ex Ceo di Emc, e Michael Dell, Ceo della neonata Dell Technologies

Meg Whitman, Ceo di Hpe

John McAfee

 

Torna a brllare la stella di McAfee?

Infine le mosse di Intel, che torna sui propri passi e fa rinascere ufficialmente il marchio McAfee. Il colosso dei chip ha infatti confermato pubblicamente di aver raggiunto un accordo con il fondo di private equity Tpg per il processo di spin-out della propria divisione di cybersicurezza, rilevata nel 2011 dal tycoon John McAfee per 7,7 miliardi e poi ribattezzata nel 2014 Intel Security.

Secondo i termini dell’accordo, il colosso di Santa Clara riceverà 3,1 miliardi di dollari da Tpg e manterrà una quota del 49% della nuova società, valutata con un debito di 4,2 miliardi, che tornerà appunto a chiamarsi semplicemente McAfee. La nuova realtà, nella quale sia Intel sia Tpg investiranno congiuntamente (si parla già di 1,1 miliardi di dollari in arrivo dal fondo di private equity), verrà guidata da Chris Young, attuale general manager di Intel Security.

Il produttore di chip ha così posto fine alla travagliata vicenda del business interno della sicurezza ed ha accontentato investitori e analisti, i quali da tempo premevano per una cessione di questo ramo d’azienda. Nasce in questo modo un nuovo attore pure-play in questo fondamentale segmento di mercato. E Intel può tornare a concentrarsi sullo sviluppo di nuove tecnologie per settori emergenti, oltre che ovviamente sul proprio core business.

Secondo dati della società, l’ormai ex divisione di sicurezza protegge oltre 250 milioni di endpoint e identifica 400mila nuove minacce al giorno. Nella prima metà dell’anno, il fatturato del gruppo è salito dell’11% a 1,1 miliardi di dollari, con un profitto operativo di 182 milioni. Secondo i termini dell’accordo il debito verrà inizialmente finanziato da Intel, fino al termine del processo di auditing di McAfee (tra tre e cinque mesi). La transazione dovrebbe poi concludersi nel secondo trimestre del 2017.

Con una puntualità che ha dell’incredibile, nelle ultime ore è però emersa la notizia che John McAfee, fondatore dell’omonima azienda e uno dei primi imprenditori nel campo della cybersecurity, ha deciso di citare in giudizio proprio Intel per l’uso del brand. Il tycoon scozzese vorrebbe infatti rilanciare la società di gaming online Mgt Capital Investments, di cui è Ceo e presidente da maggio 2016, ribattezzandola John McAfee Global Technologies Inc.

Ha collaborato Alessandro Andriolo

 

Tag: CLOUD COMPUTING, VIRTUALIZZAZIONE, STORAGE, ACQUISIZIONI

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