Il 3D printing sta già cambiando la manifattura, anche in Italia
Le proiezioni degli analisti circa il giro d’affari dei sistemi di prototipazione rapida e delle macchine capaci di stampare oggetti e componenti in tre dimensioni accompagnano l’arrivo di un n...
Pubblicato il 30 luglio 2014 da Gianni Rusconi

Si sta andando verso un nuovo rinascimento della manifattura? Probabilmente sì. Anche se non mancano, come sempre, chi professa scetticismo. Certo è che, grazie alla tecnologia di stampa 3D - un’innovazione che risale a parecchi anni fa (il primo brevetto è del 1986) ma che solo ora è divenuta un fenomeno mediatico - il mondo manifatturiero sta lentamente ma progressivamente cambiando i suoi paradigmi. Dentro le fabriche e a livello di supply chain.
Sul tema, c’è giustamente chi trova un punto d’equilibrio fra chi paragona la diffusione del 3D printing a una rivoluzione manifatturiera e chi la etichetta come un’integrazione ai processi industriali già presenti. Se però spostiamo il tiro sugli effetti generati dai sistemi di manifattura additiva oggi largamente utilizzati da grandi e piccole imprese di mezzo mondo, si può tranquillamente affermare come questa tecnologia abbia già cambiato pelle alla fase di prototipazione, consentendo significative riduzioni del time-to-market e del costo di progettazione di un determinato prodotto.
Senza dimenticare che la stampa 3D ha già trovato applicazione anche nella produzione di prodotti finiti o componenti di questi ultimi (Ford ha già stampato in 3D oltre 500mila pezzi per realizzare il nuovo coperchio-motore della Mustang), generando in molti casi vantaggio economico (rispetto alle tecniche tradizionali) all'aumentare della complessità e del livello di personalizzazione dei manufatti. E importanti impatti, per chiudere il cerchio, si aspettano in ambito ricambistica, dove le macchine 3D sono chiamate a semplificare la gestione delle scorte dei pezzi di ricambio, stampandoli ad hoc nel momento esatto del fabbisogno.
Di questi argomenti si è parlato in un recente convegno organizzato dal Csmt (Centro servizi multisettoriale e tecnologico) dell’Università di Brescia, in cui hanno fatto capolino diversi esperti in materia nonchè distributori locali di stampanti 3D (3DZ, rivenditore autorizzato dell’americana 3D Systems in Italia) e testimonial di grandi aziende e piccole realtà manifatturiere che questo fenomeno lo hanno già cavalcato. Per la prototipazione dei prodotti elettrici ed elettronici in materiale plstico come i videocitofoni (come nel caso di Bticino) o per lo stampaggio anche in conto terzi di componenti termoplastici per il settore sanitario (strada intrapresa dalla Srl bresciana Sef).
La convinzione espressa da Andrea Bacchetti, ricercatore dell’Università di Brescia e promotore di una ricerca sul fenomeno del digital manufacturing in Italia è esplicita: "siamo di fronte ad un ribaltamento della prospettiva di lavorazione. Finora si lavorava per sottrazione, cioè da un monoblocco si eleminava materiale fino a modellarlo secondo le esigenze; il 3D lavora invece in maniera additiva, vale a dire aggiunge materiale esattamente dove serve eliminando gli sprechi".
A cosa sta portando questo ribaltamento di approccio al concetto di manufactuirng? "Si va verso il nuovo paradigma della mass customization, in cui la flessibilità è il fattore chiave", dice ancora Bacchetti. Lo scenario in cui qusta trasformazione si sta materializzando, questo è sicuro, è in continua e molto veloce evoluzione, se è vero che già nel 2016 circa la metà dei componenti oggi stampati con sistemi tradizionali sarà riproducibile con tecnologia 3D.
C’è però un fattore costi da non trascurare. La spesa per una macchina di stampa metallica di classe industriale (i settori in gioco sono quelli dell’automotive e dell’aeronautica) parte dai 250mila euro in su, con un prezzo della che oscilla tra gli 80 e i 90 euro al chilogrammo. Diverso l’ordine di grandezza delle printer per uso prototipale, dove si arriva a soluzioni che partono da poche migliaia di euro.


Un boom annunciato
La stampa 3D è un fenomeno che ha raggiunto oggi un volume d’affari di tre miliardi di dollari e che, secondo le stime, è destinato a superare i 16 miliardi entro il 2018 e salire a 550 miliardi entro il 2025. Numeri da prendere con le pinze ma che ben rappresentano un settore in grandissimo fermento.
La prova? Nel primo trimestre di quest’anno, sono state spedite in tutto il mondo, secondo le rilevazioni di Canalys, poco meno di 27mila stampanti 3D. Di queste, la maggior parte sono state acquistate dai clienti aziendali, che vanno dalle micro imprese alle grandi organizzazioni. Il 46% è finito invece sul mercato consumer. A giocarsi una torta le cui dimensioni dovrebbero esplodere ci sono specialisti oggi leader incontrastati di questo mercato come 3D Systems e MakerBot e firme illustri del panorama It (new comer nel mondo del printing 3D) come Hewlett Packard e Autodesk.
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