Nuove reti ultraveloci in viaggio dall’Italia all’Oriente
Lo sviluppo del 5G è un lavoro in corso ed è già oggetto di sperimentazione in varie città della Penisola, dove è pronto a fare il suo esordio entro fine 2019. Dal turismo alla mobilità urbana ecco tutte le possibili applicazioni della nuova tecnologia.
Pubblicato il 18 luglio 2018 da Gianni Rusconi

Lo sviluppo del 5G è un lavoro in corso, fra test sempre più numerosi e molti ostacoli ancora da superare, ed è già oggetto di sperimentazione in varie città della Penisola, dove è pronto a fare il suo esordio entro fine 2019. Dal turismo alla mobilità urbana ecco tutte le possibili applicazioni della nuova tecnologia.
L‘ecosistema del 5G è in pieno fermento. Lo è in Italia, con l’avvio effettivo delle sperimentazioni delle prime applicazioni basate sulle nuove reti, e lo è su scala internazionale. L’ultimo Mobile World Congress di Barcellona, in tal senso, ha fatto capire che il peso più rilevante degli sviluppi negli anni a venire dovrebbe spettare all’Asia.
Le previsioni della Gsma Intelligence indicano che le connessioni basate su tecnologia mobile di quinta generazione dovrebbero raggiungere quota 1,2 miliardi entro il 2025, rappresentando il 14% del totale (connessioni IoT via cellulare escluse). Il continente asiatico arriverà a 600 milioni di collegamenti, ovvero la metà del totale, con la Cina a giocare un ruolo molto rilevante in questa partita. Nel Paese della grande muraglia si raggiungeranno 400 milioni di connessioni, mentre Giappone e Corea del Sud si fermeranno rispettivamente a 88 e 37 milioni.
Lo scenario dato come più probabile dagli esperti prevede lo sviluppo delle reti di nuova generazione in parallelo a quelle 4G esistenti, perché gli operatori hanno due obiettivi strategici concomitanti: quello di ridurre la complessità dell’integrazione con le infrastrutture Lte esistenti e quello di garantire migliori economie di scala, in una fase in cui permangono ancora incertezze sulla profittabilità reale del 5G.
Per realizzare le nuove reti, si legge nel rapporto prodotto dalla Gsma Intelligence, appare essenziale che i carrier di telecomunicazioni trovino il corretto equilibrio tra le frequenze sino a 1 GHz, quelle comprese fra 1 e 6 GHz e quelle sopra a questa soglia. Il tasso di crescita previsto, in ogni caso, viaggerà a un ritmo più lento rispetto a quanto avvenuto per la tecnologia di quarta generazione, per due ragioni principali: da un lato lo spettro di frequenze per il 5G si posiziona generalmente nelle frequenze più elevate, che però offrono una copertura geografica inferiore; dall’altro lato, i modelli di business e le applicazioni sono ancora in fase di elaborazione. I carrier, pertanto, cercheranno di implementare le future reti, con il consequenziale rilascio dei nuovi servizi, in logica progressiva e allineata alla domanda.
Si partirà presumibilmente dalle zone urbane più dense, fornendo via via una capacità più ampia, prima di passare a ulteriori segmenti di mercato. In ogni caso, dicono ancora le stime della Gsma Intelligence, il 40% della popolazione mondiale sarà coperto dalla rete 5G già entro il 2025.
Da quando, alla fine di dicembre dello scorso anno, il consorzio 3GPP ha rilasciato la specifica 5G New Radio per le operazioni “non standalone”, il settore della telefonia mobile ha registrato un’ondata di annunci in chiave 5G da parte dei fornitori di infrastrutture di rete e carrier mobili.
Qualcuno – come Ooredoo, l’unico operatore telco del Qatar – si è spinto a confermare la disponibilità dei servizi commerciali 5G New Radio (con velocità di 2.3 Gigabit per secondo) per i clienti business; altri, come China Mobile, il più grande operatore mobile del mondo, hanno annunciato l’avvio dei test su larga scala (sotto osservazione tecnologie chiave tra cui Massive Mimo) in una ventina di città del Paese già entro la fine del secondo trimestre dell’anno.
Per tutti rimane centrale l’obiettivo del ritorno di investimenti a parecchi zeri e la sensazione che filtra dai rapporti della Gsma è che il famigerato Arpu, il ricavo medio per utente dei servizi mobili, non supererà quello del 4G, obbligando gli operatori a un lungo percorso (dai sette agli otto anni) per recuperare le spese sostenute per il lancio delle nuove reti. Ad ammettere che il “business case” per il 5G non sia ancora del tutto chiaro sono in molti, ed è sintomatico che uno dei precursori della nuova tecnologia, l’operatore sudcoreano KT, tenga al momento un atteggiamento prudente sul fronte degli investimenti.
Se è comprensibile il fatto che l’interesse commerciale per il 5G non sia particolarmente evidente in questa fase iniziale, non è incoraggiante rilevare come la portata dei nuovi servizi potenziali sembri più limitata di quanto inizialmente previsto, con particolare attenzione alle capacità e alla velocità.
Ipotizzare che, al momento della disponibilità su larga scala delle reti di quinta generazione, non assisteremo a trasformazioni epocali in termini applicativi non è per nulla fuori luogo. La convinzione che la connettività ultramobile possa ridisegnare i processi di molte industrie al di fuori dello spazio tradizionale delle telecomunicazioni era alla base dello sviluppo del 5G ma oggi questa convinzione è probabilmente più flebile, in considerazione delle difficoltà emerse nel trasformare quella visione in realtà.
In attesa di vedere all’opera anche i primi smartphone in grado di sfruttare le nuove reti (Huawei potrebbe essere la prima a lanciare un modello compatibile entro la fine del 2018), la priorità del momento è studiare e sperimentare i possibili casi d’uso della tecnologia, sia in chiave consumer sia nelle diverse industrie verticali.
Il Belpaese si muove verso la quinta generazione
Più vicina di quanto si pensi. I test in alcune città campione sono già partiti coinvolgendo praticamente tutti gli operatori e i fornitori di infrastrutture di rete. La “rivoluzione 5G”, insomma, potrebbe interessare il nostro Paese con qualche mese di anticipo, entro fine 2019, rispetto alle iniziali previsioni fissate al 2020, se non ci saranno intoppi nell’assegnazione delle frequenze da 700 MHz (attualmente ancora occupate per la trasmissione del segnale televisivo) il Governo metterà prossimamente all’asta.
L’Agcom, l’Autorità garante delle comunicazioni, ha pubblicato a inizio marzo la prima “bozza” di regole e procedure tecniche per l’asta ed entro fine anno il processo dovrebbe essere completato, portando nelle casse dello Stato (secondo la Legge di Bilancio 2018) un incasso minimo di 2,5 miliardi di euro. Il 4,5G, intanto, è il passo intermedio: Vodafone lo ha già compiuto a Firenze, Roma, Napoli, Palermo e Milano, raggiungendo una capacità massima di un gigabit al secondo in download, mentre Tim ha attrezzato con le proprie antenne alcune aree del Paese. Ma tutti, come detto, stanno già guardando avanti.
Il Ministero dello Sviluppo Economico l’anno scorso ha avviato un programma di sperimentazione sulla quinta generazione mobile in alcune città della Penisola (Torino, Milano, Prato, L’Aquila, Bari e Matera) per testare tecnologia, apparati e soprattutto le applicazioni sviluppate per servire cittadini e imprese. Se San Marino è tra le zone pioniere del 5G, dovendo battezzare la disponibilità della nuova rete già entro la fine di quest’anno, a Roma è stato acceso da Fastweb ed Ericsson, a metà febbraio, il primo segnale 5G attraverso una demo di realtà virtuale allestita nella Biblioteca Fabrizio Giovenale, nel Municipio IV.
Gli ambiti individuati per la sperimentazione comprendono il patrimonio culturale e artistico (siti archeologici o ambienti museali), la sicurezza pubblica e la mobilità urbana, con lo sviluppo di applicazioni per i servizi di tracciamento automatico del viaggio e per la telemetria in tempo reale della diagnostica di bordo e l’analisi predittiva dei guasti dei mezzi.
Nel capoluogo piemontese anche Tim sta puntando su esperienze di realtà virtuale e aumentata in ambito culturale e turistico, mentre a Milano Vodafone ha scelto per i propri test il comparto della salute, collegando in rete le ambulanze e rendendo più veloci le comunicazioni con gli ospedali, e ha avviato progetti per il monitoraggio del traffico stradale e la videosorveglianza tramite droni. I primi test in condizioni radio reali sono stati effettuati nel sito installato nella stazione ferroviaria di Cadorna, utilizzando una tecnologia radio mMimo e un modulo (entrambi di Nokia) già compatibile con lo standard 3Gpp.
In Toscana e in Abruzzo sono Wind 3 e Open Fiber a gestire le iniziative più importanti, occupandosi principalmente di gestione energetica, videosorveglianza, medicina e attività culturali. A Bari e Matera, infine, sono Fastweb, Tim e Huawei i tre soggetti al lavoro su progetti 5G.
L’obiettivo è ambizioso: estendere entro fine anno la copertura in banda ultralarga fino al 75% dell’area urbana delle due città partendo dalla prima antenna (sviluppata da Huawei e dotata di tecnologia “Massive-Mimo” per poter gestire contemporaneamente decine di segnali radio in entrata e in uscita e di adattarsi dinamicamente alla posizione dei singoli utenti e alla domanda di traffico dati) accesa a fine febbraio sfruttando la banda di frequenze a 3,7-3,8 GHz messa a disposizione dal Mise.
Lo sviluppo del progetto prevede investimenti per 60 milioni di euro in quattro anni (tre quarti dei quali messi sul tavolo dalle tre aziende e i restanti 15 milioni dagli altri 50 partner coinvolti) e toccherà diversi ambiti di applicazione, dal turismo alla sanità passando per la logistica e i trasporti (il porto di Bari sarà uno degli asset più interessati), l’agrifood e le smart city. A Matera, nello specifico, la disponibilità delle reti 5G abiliterà soluzioni di realtà aumentata e virtuale (attraverso visori e terminali mobili dedicati) per turisti e visitatori ed entrerà in gioco anche per la sicurezza pubblica, attraverso sistemi di riconoscimento facciale per l’accesso a determinati luoghi.
Quelli in cantiere in tutta Italia sono dunque essenzialmente progetti B2B, e come confermano anche i diretti interessati, tutto lo sviluppo del 5G sarà focalizzato su mirati casi d’uso. Non dobbiamo dunque pensare a una copertura massiva del territorio con i servizi mobili di quinta generazione e non assisteremo a una diffusione a pioggia del 5G. Si aumenteranno le prestazioni attuali in una logica di hot spot e si darà continuità ancora per diversi anni all’evoluzione delle reti 4G Lte, che andranno a soddisfare il 90% della domanda di servizi di massa.
I vantaggi che la nuova tecnologia porterà in dote saranno ben tangibili agli occhi di consumatori e cittadini, ma saranno soprattutto aziende e istituzioni pubbliche a beneficiarne per dare il via a un nuovo processo di modernizzazione e a nuove (teoricamente infinite) possibilità di servizi connessi alla rete.
In campo manifatturiero, per esempio, il salto in avanti sarà garantito dalla cloud robotics, nell’agricoltura di precisione la riduzione degli sprechi di acqua sarà maggiore grazie all’iperconnettività della trasmissione, nella nuvola, dei dati raccolti dai sensori. E non solo.
L’innovazione che porta in dote l’ultrabroadband mobile in scala di gigabit si tradurrà per esempio nella copertura 5G di corridoi aerei per gestire i droni adibiti al controllo del territorio (Cisco sta lavorando a un progetto di questo tipo con una startup incubata da Tim Working Capital) o nell’utilizzo di visori di realtà aumentata per la manutenzione degli impianti, attraverso soluzioni che distribuiscono intelligenza sui sistemi remoti, via cloud, sfruttando la banda larghissima delle nuove reti. C’è una (nuova) rivoluzione alle porte, sfruttarla nel migliore dei modi possibili è una sorta di imperativo. Per tutti.
Ha collaborato Piero Aprile
TELECOMUNICAZIONI