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Sensori e cloud per l’Internet of Things all'italiana

Microsoft e STMicroelectronics hanno annunciato una partnership per dare vita a un ecosistema virtuoso di progetti per l’IoT, basato sul matrimonio fra chip intelligenti e architetture di computing nella nuvola. Ecco i primi casi di eccellenza.

Pubblicato il 10 aprile 2015 da Gianni Rusconi

Microsoft e STMicroelectronics hanno annunciato una partnership per dare vita a un ecosistema virtuoso di progetti per l’IoT, basato sul matrimonio fra chip intelligenti e architetture di computing nella nuvola. I primi casi di eccellenza? Minerva Omega Group e Gruppo Cimbali.

“Parlare di Internet of Things significa dare intelligenza all’oggetto. E le applicazioni dell’Internet degli oggetti possono migliorare qualsiasi industria”. Parole che Fabio Santini, Direttore Divisione Developer Experience and Evangelism di Microsoft Italia, ha utilizzato per introdurre un importante passo in avanti della multinazionale di Redmond per quanto riguarda gli sviluppi di progetti Iot nel Belpaese.

Non si tratta di un nuovo software ad hoc bensì dell’accordo di collaborazione stretto con la consociata italiana di STMicroelectronics e finalizzato a portare dentro le aziende italiane soluzioni in grado di collegare dispositivi basati sull’STM32 Open Development Environment (l’ambiente di sviluppo aperto alla base dei sensori del colosso dei semiconduttori) alla piattaforma Azure (l’architettura cloud) di Microsoft.

Il progetto, come spiega la nota diffusa dalle due società, è quello di concretizzare un ecosistema di sviluppo sensor-to-cloud flessibile e scalabile, in grado di aiutare le aziende nel creare applicazioni IoT rivolte a molteplici settori verticali, dalle smart city agli ambienti industriali, dallo smart metering alla case intelligenti e connesse per finire ai device indossabili. Il lavoro da fare certo non manca, tanto da giustificare l’entrata in campo del Centro di Competenza creato da Microsoft in collaborazione con l’Istituto Superiore Mario Boella di Torino, dove le due aziende creeranno “fisicamente” i prototipi frutto del matrimonio fra sensoristica e servizi cloud.

“Avere 50 miliardi di oggetti connessi nel 2020 – spiega del resto ancora Santini - cambierà tutto: le infrastrutture di connettività, le piattaforme di computing, il modo di gestire i dati. Se ogni cosa connessa inviasse dati ogni minuto avremmo un flusso di informazioni pari a tre miliardi di terabyte. Un volume enorme di dati che però la tecnologia può gestire, perché i prezzi dei sensori e dei device stanno diminuendo, la capacità delle reti sta aumentando al diminuire dei costi della connettività, l’implementazione dell’Iot è più semplice e la sua applicazione è trasversale a molti settori”.

Definito lo scenario di sviluppo, il manager di Microsoft porta giustamente acqua al proprio mulino rimarcando come l’abilitatore principe e unico dell’Iot, e quindi dell’ecosistema a cui guarda l’alleanza con StMicroelectronics, sia il cloud e le sue grandi capacità computazionali per l’elaborazione e la distribuzione delle informazioni.

La ricetta per l’Internet delle cose made in Redmond è quindi sostanzialmente composta da due ingredienti: la piattaforma Azure (e nella fattispecie la IoT Suite) e Windows 10, il nuovo sistema operativo universale pensato anche per l’Internet of Things. Il resto lo fanno le partnership sul territorio.

Sulle potenzialità del mercato Iot nostrano giura non a caso anche l’amministratore delegato di Microsoft Italia, Carlo Purassanta, secondo cui tale tecnologia “segnerà la svolta che l’informatica non è riuscita a dare. Sul digitale siamo indietro, in campo aziendale e in campo pubblico, rispetto ai Paesi più avanzati nonostante il consumatore italiano sia molto tech addicted, e spesso più sensibile all’uso delle nuove tecnologie rispetto alla media. Ma per l’Internet delle cose riteniamo l’Italia un terreno e un ecosistema fertile”.

Sulla stessa lunghezza d’onda si è espresso di fatto anche Alessandro Cremonesi, Group Vp e General Manager ST Central Labs di ST Microelectronics, convinto del fatto che “anche in Italia l’adozione e lo sviluppo di Internet of Things sta cominciando ad esplodere, perché offre alle aziende, sia nuove che consolidate, un’opportunità irripetibile di innovazione”.

Il teorema che regge questa convinzione lo possiamo declinare così come segue. Le tecnologie devono rendere intelligenti gli oggetti e facilitare lo sviluppo di applicazioni che raccolgono i dati dalle cose, attraverso i sensori, e li gestiscono nella nuvola. La trasformazione dell’interfaccia uomo macchina coinvolge dispositivi (microfoni digitali, micro telecamere…), microcontrollori capaci di vivere di vita propria (a livello energetico), reti di connessione a corto e lunghissimo raggio (Nfc, Wi-Fi), sistemi di sicurezza (soluzioni di autenticazione) e di alimentazione.

In questo quadro il compito di un player come St è quello di rendere i suoi prodotti e le sue tecnologie più accessibili a sviluppatori e provider tecnologici di varia natura (e la collaborazione con Microsoft si inquadra in questo scenario) fermo restando, come dice Cremonesi, “, i grossi player avranno un vantaggio competitivo ma ci sono grandissime opportunità anche per le realtà piccole e medie perché le barriere di ingresso per lo sviluppo dei componenti stanno via via cadendo”. E la chiave, ovviamente, è il cloud, “perché garantisce scalabilità infinita in termini di capacità elaborativa”.

L’Iot, in definitiva, non è un comparto ancora del tutto definito e per l’Italia, lo dicono molti addetti ai lavori e lo ribadisce il manager di St, “è una grande occasione se pensato come l’artigianato dell’elettronica e il grande mercato delle cose”.

 

Chi è già salito sul carro dell’Iot “sensor to cloud”

Fra le aziende che hanno già saggiato i benefici dell’integrazione tra la sensoristica di ST e il cloud computing di Microsoft vi sono due nomi del comparto manifatturiero ed espressione del marchio “made in Italy” come Minerva Omega Group e Gruppo Cimbali

La prima è una realtà riconosciuta anche a livello internazionale, che produce macchine e sistemi per la lavorazione e conservazione di prodotti alimentari (affettatrici, tritacarne, pelapatate, mescolatori, insaccatrici, confezionatrici sottovuoto, ecc.). A partire dall’esigenza di riuscire a offrire un servizio a valore per differenziare le proprie macchine in un mercato altamente competitivo, Minerva Omega Group ha deciso di puntare sull’Internet of Things adottando la piattaforma IoT di Solair.

È nato così NemoSY, un sistema di monitoraggio che, grazie all’infrastruttura cloud di Microsoft Azure e alla componentistica STMicroelectronics, permette di acquisire dati telemetrici in tempo reale, di consolidarli direttamente nella nuvola e di elaborare informazioni da integrare nel processo di business.

Daniele Salati Chiodini, Direttore Tecnico e Consigliere Delegato di Minerva Omega Group, ha sottolineato fra i benefici più importanti la possibilità di “consolidare i dati raccolti direttamente sul cloud e di aggregare le informazioni rilevanti relative ai macchinari, sincronizzate con sistemi esterni quali Erp e Crm, per poi elaborarle e integrarle nel processo di business. In particolar modo l’applicazione si rivolge al settore alimentare della Grande Distribuzione Organizzata, dove la problematica di una gestione centralizzata delle macchine ubicate in diversi siti e laboratori è sicuramente un’esigenza primaria. Il sistema non è orientato solo al monitoraggio delle macchine, ma può gestire anche tutto il ciclo della manutenzione, dall’inserimento dei rapporti tecnici fino alla produzione di tutta la documentazione relativa alla singola macchina”.

L’obiettivo, raggiunto, è stato quello di spostare il focus dal macchinario in quanto tale al dato che caratterizza il macchinario stesso. Meno meccanica e più intelligenza a bordo delle macchine, dunque, e un investimento che va oltre la componente tecnica del prodotto e abbraccia la componente servizio da offrire al cliente, aprendo via via scenari di applicazione completamente diversi.

La missione di Gruppo Cimbali, invece, è quella di progettare, produrre e vendere macchine professionali per caffè e attrezzature dedicate alla caffetteria (a marchio LaCimbali, Faema, Casadio ed Hemerson). Il Gruppo milanese, che esporta circa l’80% della produzione in oltre 100 Paesi, già a partire dal 2000 l’azienda si è interessato alla telemetria e nel 2014 ha fatto evolvere questo concetto concretizzando (insieme ad Abo Data, altro partner di Microsoft) un vero e proprio progetto di Internet of Things basato sul collegamento diretto tra le macchine del caffè e la Rete con il fine di raccogliere e condividere dati a livello globale.

Per questo è stato sviluppato un sistema di monitoraggio e controllo per il parco macchine, che grazie alla componentistica ST possono ora comunicare in modo spontaneo (senza infrastrutture locale) attraverso la piattaforma PLAT.ONE di Abo Data che risiede su Azure, in cui vengono raccolti i dati in cruscotti strategici che offrono ai clienti informazioni costanti sul funzionamento. Informazioni funzionali alle attività di manutenzione, al servizio di assistenza e dal punto di vista marketing.

 

Tag: Microsoft, Italia, chip, Internet of things, innovazione, Internet delle cose

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