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Social network snobbati dai Ceo delle Blue Chip

Sette amministratori delegati su 10, in forza alle 100 maggiori imprese non finanziarie quotate al Nasdaq, non utilizzano facebook, Twitter e simili. Lo dice un’indagine di Augure, specialista ne...

Pubblicato il 09 dicembre 2013 da Valentina Bernocco

Sette amministratori delegati su 10, in forza alle 100 maggiori imprese non finanziarie quotate al Nasdaq, non utilizzano facebook, Twitter e simili. Lo dice un’indagine di Augure, specialista nel campo dei software che misurano la reputazione aziendale. Chi finisce dietro la lavagna digitale? I numeri uno di Microsoft, Amazon, Cisco e Intel.

Anche chi sguazza nella tecnologia può snobbare i social network: succede ai "piani alti" del 70% delle società Nasdaq 100, e cioè le cento maggiori imprese (non finanziarie) quotate al mercato borsistico hi-tech di New York. Soltanto il rimanente 30% degli amministratori delegati di queste compagnie, infatti, utilizza i social network e ha attivato su Facebbok, Twittert e simili un profilo personale.

Lo dice un’indagine di Augure, società specializzata nel campo dei software per la misurazione della reputazione e delle campagne di marketing aziendali. Sotto osservazione per quasi due anni, dal gennaio del 2012 al novembre del 2013, sono finiti nomi illustri come Steve Ballmer, attuale Ceo di Microsoft, Jeff Bezos, fondatore e amministratore delegato di Amazon, Brian Krzanich, numero uno di Intel, e John Chambers, Ceo di Cisco Systems. Di questi top manager non c’è traccia di profili ufficiali in nessuno dei più popolari social network della Rete, ovvero sia Facebook, LinkedIn, Google+, Twitter e Instagram.

Volendo entrare nel merito degli strumenti più utilizzati, curioso notare come LinkedIn sia il social più apprezzato – accoglie fra i suoi membri il 23% dei Ceo della 100 top company quotate al Nasdaq – e come al secondo posto vi sia Twitter (lo usa l’11% dei Ceo) mentre Google+ ha seppur di poco più utenti illustri (8% contro 5%) rispetto a Facebook.

"Molte delle compagnie che formano il Nasdaq 100", parole di Michael Jais, Ceo di Augure, "sono giganti della tecnologia e delle telecomunicazioni. È sorprendente scoprire che soltanto una parte dei loro amministratori delegati sia presente sui social network, sfruttando le nuove tecnologie e facendo leva sul proprio potere di influenza in quanto leader di grandi e potenti aziende tecnologiche".

Se gli assenti dei salotti 2.0 sono nomi di prima fascia, non meno noti e influenti sono coloro che invece le piazze social le frequentano e a quanto pare con profitto. Fra questi spicca Tim Cook, il Ceo di Apple: dopo pochi mesi dall’iscrizione a Twitter, l’ex braccio destro di Steve Jobs ha già accumulato oltre 327mila follower per i suoi 18 cinguettii. Meglio di lui Elon Musk, il cofondatore di PayPal (nonché Ceo di Tesla Motors e di SpaceX), che tra Facebook e Twitter può vantare un seguito di 500mila utenti, e anche Marissa Mayer, numero uno di Yahoo, che ha guadagnato sempre su Twitter oltre 474mila follower e dispone di profilo su Facebok e LinkedIn.

Grande successo ha riscontrato online anche Michael Dell, il fondatore e Ceo dell’omonima azienda texana: 566mila i suoi follower su Twitter, circa il doppio di quelle del fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, che non snobba la piattaforma di microblogging rivale e comunica online con 291mila seguaci.

Il dibattito sull’efficacia e l’opportunità di avere un proprio profilo, per un manager così importanti ed esposti pubblicamente come quelli sopra menzionati, non si esaurisce certo i numeri. C’è infatti chi, come Patrick Moorhead di Moor Insights & Strategy, che non si stupisce più di tanto per le assenze eccellenti. Molte aziende, ha spiegato l’analista, "hanno bisogno di un consenso legale prima che il loro amministratore delegato possa pubblicare dei post sui social media. I Ceo possono postare in merito ad argomenti non personali, ma la maggior parte di loro non vuole condividere quel genere di informazioni".

E trattandosi di aziende quotate c’è anche il timore diffuso di infrangere involontariamente le regole imposte dalla Security Exchange Commission, l’ente federale statunitense preposto alla tutela degli investitori e della trasparenza delle operazioni di Borsa. Come dire: meglio un tweet in meno che il rischio di una tirata d’orecchie ad opera della Sec.
Tag: tecnologia, SOCIAL NETWORK

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