Il percorso contrastato verso il banking-as-a-Service
Il settore bancario sta attraversando una fase di trasformazione, legata allo sviluppo di nuovi modelli economici e ai soggetti alternativi che stanno emergendo.
Pubblicato il 26 agosto 2021 da Roberto Bonino

Da qualche tempo, si parla con maggior insistenza del concetto di Banking-as-a Service (BaaS) come dell’estrema frontiera evolutiva di un settore per molto tempo rimasto più o meno inalterato nei modelli e nelle strategie di mercato. Complici la tendenza montante della digitalizzazione e la nascita di soggetti concorrenziali, a partire dalle fintech, gli istituti finanziari stanno cercando di districarsi in un panorama di servizi in rapida evoluzione.
Per capire come stia cambiando lo scenario, pensiamo all’evoluzione dei rapporti fra le aziende e le rispettive clientele. Soprattutto per chi opera nel mondo consumer, la moltiplicazione dei touchpoint e la complessità di mercati dove soggetti tradizionali e nativi digitali si confrontano ibridizzando i rispettivi modelli di business, la possibilità di offrire servizi complementari al di fuori del terreno conosciuto sta diventando un elemento differenziante.
Nel percorso di ingaggio e fidelizzazione di un cliente, all’interno di un viaggio articolato e finalizzato alla vendita di un prodotto o servizio, la componente finanziaria assume una rilevanza diversa rispetto al passato. Per esempio, poter fornire un prestito o una rateizzazione dei pagamenti, può essere una leva per trattenere più a lungo il potenziale compratore. Questo però implica il possesso di permessi, licenze e competenze difficili da ottenere, per non parlare dei requisiti di capitale o dell’allineamento alle varie normative in campo finanziario. Qui entra in gioco il concetto di banking-as-a-Service, che consente alle aziende autorizzate di integrare i propri servizi bancari direttamente nelle offerte dei propri clienti, facendo sì che possano proporre conti bancari mobili, carte di debito, prestiti e servizi di pagamento, senza disporre di una specifica licenza.
I server della banca e quelli delle aziende comunicano tramite Api e il player che propone una soluzione BaaS lavora solo come intermediario, senza lavorare direttamente con il denaro del proprio cliente. Di fatto, si tratta di un servizio white label, dove il servizio bancario viene assicurato da brand appartenenti ad altri settori.
Questa evoluzione è stata resa ancor più significativa dagli effetti generati dal Covid. Il recente World Retail Banking Report 2021 di Efma (realizzato con Capgemini) parla di Banking 4.X, evidenziando come in un decennio banche digitali e challenger abbiano conquistato oltre 39 milioni di clienti nei paesi oggetto dello studio. Dalla stessa fonte, emerge che il 66% delle banche si avvalga già di una piattaforma BaaS, mentre il 25% si è avviato nella stessa direzione.
La giungla collegata ai servizi appena descritti, tuttavia, è ancora fitta e irta di insidie. Da un lato, le banche faticano a disegnare modelli di customer experience completi, anche a causa di una certa carenza di competenze interne. Per questo, ancora si tende ad andare in direzione del platform-banking, dove sono i classici istituti di credito a integrare servizi di fintech o altri soggetti, conservando però la relazione diretta con la clientela, in una logica di strategia difensiva. Ancora diverso è il tema dell’open banking, dove i soggetti non strettamente bancari utilizzano i dati delle banche per gestire e proporre i propri prodotti, fungendo da third party provider, come succede nell’ormai diffusa offerta di aggregatori per la gestione di diversi conti da un unico punto di partenza.
Il mercato appare in forte evoluzione e solo il tempo potrà chiarire quali saranno le tendenze destinate a prevalere, verosimilmente sotto l’influenza sempre più diretta dei gusti e delle attitudini dei clienti.
CUSTOMER EXPERIENCE