Italia al bivio, trasformazione digitale avanti adagio
Le previsioni di spesa Ict per il 2018 evidenziano segnali di ripresa soprattutto al Centro e Sud Italia, ma gli investimenti della Pubblica Amministrazione scenderanno di 500 milioni. E nell’attuazione dell’Agenda siamo ancora indietro. Troppo.
Pubblicato il 30 marzo 2018 da Piero Aprile

Le previsioni di spesa Ict per il 2018 evidenziano segnali di ripresa soprattutto al Centro e Sud Italia, ma gli investimenti della Pubblica Amministrazione scenderanno di 500 milioni. E nell’attuazione dell’Agenda siamo ancora indietro. Troppo.
Due distinti rapporti, uno a firma di Assintel e l’altro della School of Managament del Politecnico di Milano, per capire se il processo di digitalizzazione italiano stia proseguendo nel modo giusto, e alla velocità prevista, nella direzione tracciata qualche anno fa con il varo dell’Agenda Digitale e proseguita con il lancio dei vari piani per l’innovazione del Paese (la banda ultralarga e Industria 4.0) e della Pubblica Amministrazione.
Partiamo dal rapporto che l’associazione nazionale delle imprese Ict ha presentato alla fine dello scorso anno: stimato a quota 30 miliardi di euro il mercato delle tecnologie informatiche per il 2017, lo scenario prospettato per quest’anno ritrae un’Italia che si sta approcciando alla trasformazione digitale in modo diverso.
Le previsioni di investimento in tecnologie per il 2018, infatti, sono a più facce: c’è un 66% di imprese che spenderà le medesime cifre dello scorso anno, mentre la restante parte si divide equamente fra chi prevede una riduzione e chi un’espansione dei budget dedicati all’informatica.
Il Nord-Ovest si confermerà come primo acquirente tecnologico della Penisola, mettendo sul tavolo circa 10 miliardi di euro (il 35% della spesa complessiva), mentre il Centro Italia destinerà all’innovazioni otto miliardi (il 27% del totale) grazie al forte contributo dei centri di acquisto della Pubblica Amministrazione centrale e di numerose grandi aziende.
Le notizie migliori arrivano dalle imprese del Sud e delle Isole: quasi un terzo prevede infatti una crescita di oltre il 5%, anche se il 60% di esse trova un freno sia nella scarsità di risorse economiche e finanziamenti, sia nella scarsa propensione al rischio di manager e imprenditori.
Se guardiamo alla dinamica di spesa per settori, secondo Assintel ve ne sono alcuni decisamente più sensibili al “richiamo” della trasformazione digitale in atto: il 30% delle aziende del turismo e il 24% di quelle del commercio al dettaglio, per esempio, prevedono di espandere la propria spesa in tecnologie fino al 5%.
Pubblica Amministrazione locale, Sanità e Istruzione sono per contro settori che resteranno prudenzialmente stabili, spendendo nel complesso circa 4,3 miliardi di euro (il 14% del totale); ancora più pessimiste le imprese del commercio all’ingrosso, un terzo delle quali prevede di tagliare gli investimenti in digitale fino al 5%, mentre l’industria manifatturiera metterà a budget circa sette miliardi di euro per cavalcare il paradigma di Industria 4.0.
Non è un quadro drammatico quello evidenziato dallo studio di Assintel, ma neppure molto incoraggiante. Soprattutto se lo rapportiamo a quanto ci dice l’ultima edizione dell’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico, condotta in collaborazione con AgId.
Nonostante gli sforzi compiuti, questo il dato di fondo, l’Italia non è ancora allineata al resto dell’Europa. In altre parole siamo indietro, troppo, e per la precisione in 24esima posizione (su 28) per risultati raggiunti nell’attuazione del programma di digitalizzazione (il calcolo è stato eseguito sulla base di 118 indicatori che misurano la maturità digitale di un Paese).
Non mancano dei segnali incoraggianti, fanno notare gli autori dello studio, ma essi non bilanciano adeguatamente le criticità. Una prima insufficienza riguarda le infrastrutture per la digitalizzazione, per cui otteniamo un punteggio di 0,47 contro una media europea di 0,54: solo il 7% delle abitazioni italiane ha una connessione oltre i 30 Mbps (quart’ultimi in Europa) e solo il 2% una connessione a 100 Mbps (sempre quart’ultimi), anche se siamo sopra la media per diffusione di banda larga mobile (85% contro 84%). Spiccano, sempre in accezione negativa, gli scarsi risultati finora raggiunti in tema di innovazione tecnologica della Pa, riconducibili alla riduzione degli utenti dei servizi eGov e alle sofferenze evidenziate dalla sanità digitale.
Fra i punti a favore c’è invece il cammino della banda ultralarga: anche se con qualche turbolenza, il piano prosegue e ad oggi ha contribuito a raddoppiare la copertura del territorio con le connessioni a 30 Mbps. E ancora, le identità digitali realizzate con Spid sono oltre 1,7 milioni, le transazioni completate attraverso PagoPa circa quattro milioni e più di 800 i comuni che hanno testato l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (dati aggiornati a inizio dicembre 2017).
Infine il Piano Industria 4.0, e gli oltre 11 miliardi di euro di risorse europee messe a disposizione da qui al 2020 per sostenere la digitalizzazione delle imprese manifatturiere. In accezione positiva è visto anche il Piano Triennale che indirizza in modo chiaro la trasformazione della Pa, specificando come riqualificare i 5,6 miliardi di euro di spesa annuale (media calcolata nel triennio 2013-2015) in tecnologie digitali.
La razionalizzazione imposta dalla Legge Finanziaria 2016 dovrebbe portare a un “risparmio” (di fatto, un taglio) a fine 2018 di 500 milioni. L’obiettivo è di destinare le risorse risparmiate ai nuovi investimenti per l’innovazione. Se lo augurano tutti.
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