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L’Istat e l'Italia digitale: Internet per pochi, più lavoro nell’Ict

Secondo il rapporto “Cittadini, imprese e Ict” dell’istituto per la statistica, la quota di famiglie dotate di accesso alla Rete è salita del 3% in un anno, ma ancora non arriva al 70%. Il numero di occupati tecnologici è invece cresciuto del 7% in quattro anni.

Pubblicato il 22 dicembre 2016 da Piero Aprile

Il rapporto “Cittadini, imprese e Ict” dell’istituto per la statistica ci dice che la quota di famiglie dotate di accesso alla Rete è salita del 3% in un anno, ma ancora non arriva al 70%. Il numero di occupati nel settore dell’Information & communications technology è invece cresciuto del 7% in quattro anni: dal 2011 al 2015 boom di assunzioni di ingegneri, analisti e specialisti di cybersecurity.

In un mondo sempre più connesso, un Paese certamente “maturo” dal punto di vista dell’adozione della tecnologia come è l’Italia ancora presenta notevoli lacune. Quasi una famiglia su tre, secondo gli ultimi dati dell’Istat inclusi nel rapporto “Cittadini, imprese e Ict 2016", non dispone di una connessione Internet domestica.

La percentuale dei nuclei famigliari dotati di rete fissa è cresciuta di circa il 3% fra l’anno scorso e quello in dirittura d’arrivo, ma si limita ancora al 69,2%. E la quota si restringe ancora, al 67,4% (+3% anno su anno, anche in questo caso), se si considerano soltanto le famiglie che accedono alla Rete in banda larga.

Sulle cause di questo scenario è possibile tentare qualche ipotesi. La crescente diffusione di dispositivi mobili, associati a piani dati su 3G o 4G può in parte sopperire all’assenza di una rete domestica e consente di evitare di parlare di vero e proprio gap digitale per il 30,8% di famiglie inserite nel gruppo dei “non connessi”. E va anche considerata l’età media della popolazione italiana, superiore a quella di altri Paesi europei.

Ma esistono anche problemi infrastrutturali, se si pensa che in regioni come la Calabria e la Sicilia la quota dei non-connessi sale ancora. La tabella che riportiamo in pagina elenca su base regionale le famiglie che non dispongono di accesso ad Internet da casa, specificando (dati in migliaia). 

Fra il 2015 e il 2016, la quota di italiani (esclusi i bambini più giovani di sei anni) che si sono connessi alla Rete almeno una volta nell’arco di dodici mesi è salita dal 60,2% al 63,2%. Persiste, dunque, una significativa fetta di popolazione disinteressata o impossibilitata a navigare sul Web.

La percentuale degli assidui frequentatori di Internet, cioè di chi si connette giornalmente, è salita invece dal 40,3% al 44,6%. L’utilizzo del Web è più frequente tra i 15-24enni (oltre 91%), ma si registra un forte recupero da parte degli internauti 60-64enni, saliti in un anno dal 45,9% a 52,2% (e con particolare incremento dell’audience femminile, +8,7%).

La tabella qui sotto specifica le finalità di utilizzo del Web in base alla fascia di età degli utenti (maschi e femmine, per cittadini di almeno sei anni che abbiano usato Internet almeno una volta in tre mesi).

Buona è la situazione delle aziende nostrane: fra quelle composte da almeno dieci dipendenti, il 98% è dotato di accesso Internet a banda larga su rete fissa, mentre quelle che si connettono in banda larga mobile sono il 63,8%.

Mettendo insieme i dati relativi a famiglie e imprese, l’Italia ottiene comunque un cattivo piazzamento nella classifica europea sulla diffusione della banda larga: siamo al diciannovesimo posto, con una percentuale di penetrazione del 77%, ben sotto la media continentale dell’83%.

 

L’onda del digitale si fa sentire sul mercato del lavoro

Per la prima volta, l’ente statistico ha incluso nel suo rapporto anche alcune valutazioni sul mercato del lavoro relativo alle professioni Ict. Le stime riguardano il 2015, anno in cui si potevano contare 720mila persone occupate con ruoli afferenti al settore dell’informatica e delle telecomunicazioni, ovvero il 7% in più rispetto alla situazione del 2011 e a fronte di una diminuzione dello 0,6% del totale degli occupati.

L’incidenza sull’occupazione complessiva, da stime, è pari al 3,2%, ovvero leggermente inferiore al 3,6% della Francia e al 3,7% della Germania.

Tra il 2011 e il 2015, rileva inoltre l’Istat, all'interno delle professioni Ict è cresciuta la rilevanza di quelle dirigenziali e tecniche ad elevata qualificazione: ingegneri elettronici e delle telecomunicazioni, analisti e amministratori di sistema, specialisti di rete e della sicurezza informatica.

Le posizioni lavorative nell’ambito della cybersecurity, in particolare, sono aumentate di oltre il 40% e il loro peso sul totale dell'occupazione nel settore Ict è salito dal 23% a oltre il 30%, passando da circa 150mila fino a quasi 220mila unità.

La tendenza positiva nella crescita degli occupati Ict si è confermata nei primi nove mesi del 2016, con un aumento del 7,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno passato (e rispetto all’incremento dell'1,4% segnato dal mercato del lavoro nel suo complesso).

La quota di professionisti tecnologici sul totale degli occupati, rileva il rapporto dell’Istat, è molto diversa tra le differenti industrie: arriva infatti al 60% nel settore dei servizi di informazione e comunicazione e sfiora il 20% nella fabbricazione di prodotti elettronici e strumenti di misura.

In generale, oltre la metà delle figure Ict risulta impiegata in settori non-Ict e costituisce una quota variabile tra pochi decimi e 2-3 punti percentuali dell'occupazione complessiva. Il comparto finanziario e delle assicurazioni, la Pa e il mondo del commercio i bacini più ricettivi per i lavoratori con competenze tecnologiche.

 

Tag: INTERNET, Italia, digitale, innovazione

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