Tempi difficili per i produttori dell’automotive, non solo per ragioni congiunturali e di scenario pandemico, ma anche per le ricadute derivanti dalla penuria mondiale nell'approvvigionamento di semiconduttori. Stellantis è solo l'ultima realtà che ha dovuto rallentare i ritmi produttivi a causa di questo problema.

La società nata dalla fusione di Fca (Fiat-Chrysler Automobiles) e Psa ha dovuto prolungare il fermo produttivo di alcune fabbriche, a cominciare da quella di Pomigliano d'Arco, dove si costruisce la Panda, mentre a Melfi c'è stato il rinvio di una settimana della riapertura dello stabilimento dal quale escono la 500Xl e le jeep Renegade. Stesso discorso vale per Francia (Rennes, Sochaux) e Germania (Eisenach), trovandosi nelle condizioni di non poter completare l'integrazione delle componenti tecnologiche nei diversi modelli di Suv prodotti in queste unità. Il blocco iniziato nel periodo post ferragostano ed è destinato a proseguire probabilmente ancora per la prima settimana di settembre.

Una misura similare e stata annunciata da Scania, costruttore svedese di camion virgola che ha bloccato per una settimana la produzione in patria e nelle unità produttive dislocate in Francia e Paesi Bassi. La casa madre Volkswagen ha giustificato la mossa evidenziando come troppi elementi stiano andando in una direzione negativa e non sia troppo semplice nell'immediato recuperare il ritardo accumulato.

Anche in casa Stellantis, l'amministratore delegato Carlos Tavares aveva dichiarato qualche tempo fa di non attendersi un ritorno alla normalità prima della fine del 2022. Per attutire gli effetti della penuria di semiconduttori, la strategia del gruppo multinazionale prevede di dare priorità ai veicoli più redditizi e modificare la tipologia di chip utilizzati.

Va ricordato che la crisi produttiva che affligge il comparto è una delle conseguenze della perdurante diffusione globale del Covid-19, che continua a rendere difficoltosa la produzione e distribuzione di componenti da parte dei fornitori asiatici. Negli ultimi mesi, essi hanno scelto di rifornire soprattutto i più remunerativi costruttori di smartphone, penalizzando così il comparto automotive.

Le conseguenze si sono già viste nei mesi passati, quando Bmw ha deciso di sospendere la produzione delle Mini nello stabilimento di Oxford, mentre negli Usa qualcosa di simile è stato messo in atto da Ford e General Motors. La situazione si sta facendo via via più preoccupante soprattutto in Europa, dove le automobili rappresentano fino al 70% delle vendite per determinate unità produttive.