La società connessa è già qui. Le aziende sono pronte?
Una ricerca svela l’impatto che il “nuovo mondo” legato all’IoT e ai Big Data avrà sugli attuali modelli di business. Entro il 2020 verranno generati 44 zettabyte di informazioni, che dovranno essere gestite in modo adeguato. E l’Italia sembra essere indietro.
Pubblicato il 22 aprile 2015 da Alessandro Andriolo

Una ricerca commissionata da Emc a Vanson Bourne svela l’impatto che il “nuovo mondo” legato all’Internet delle cose e soprattutto ai Big Data avrà sugli attuali modelli di business. Entro il 2020 verranno generati 44 zettabyte di informazioni: dovranno essere gestite in modo adeguato, altrimenti saranno destinate al fallimento. Molti Paesi si stanno adeguando ma l’Italia, ancora una volta, sembra essere indietro.
Una volta c’era la generazione dei baby-boomer, poi è arrivata la Generation X e quella Millennial. Oggi, secondo una ricerca commissionata da Emc a Institute For The Future e Vanson Bourne, è il momento della Information Generation, in cui gli utenti vivranno e lavoreranno costantemente connessi alla rete, producendo un’enorme mole di dati e di informazioni durante ogni attività, anche quella più semplice.
Secondo le stime entro il 2020 verranno prodotti 44 zettabyte di dati, il che significa 44 trilioni di gigabyte. E due esempi ne spiegano metaforicamente l’impatto. L’ammontare delle informazioni nell’universo digitale sarebbe in grado oggi di riempire una pila di iPad Air (da 128 giga) lunga quanto 2/3 del percorso verso la luna; se un byte di dati fosse un gallone d’acqua, in appena 10 secondi si genererebbero abbastanza dati da riempire un’intera abitazione e nel 2020, questo tempo scenderà a soli 2 secondi.
Una volume enorme di dati generato da trenta miliardi di dispositivi connessi disseminati tra sette miliardi di persone e dieci milioni di aziende. Tutto questo avrà un impatto enorme sia sulle modalità di archiviazione e di analisi di queste informazioni, che sui modelli di business.
Secondo il 96% degli intervistati durante lo studio “The Information Generation: transforming the future, today” – che ha coinvolto 3.600 manager di aziende medio-grandi e oltre una quarantina tra accademici, influencer e opinion leader Ict in 18 Paesi – i vecchi paradigmi delle imprese saranno radicalmente messi in discussione dalle nuove tecnologie.
I trend tecnologici influiranno soprattutto sulle aspettative dei consumatori, che chiederanno un accesso più veloce ai servizi o addirittura una connessione sempre presente da ogni luogo e in ogni momento. In questo contesto, quindi, le aziende si trovano davanti ad un importante bivio: evolversi o restar ferme.
Ma quali sono le strategie per non soccombere? Secondo gli opinion leader coinvolti nella ricerca, esistono delle linee guide che possono permettere alle società di affermarsi in maniera distintiva anche all’interno del nuovo scenario.
Innanzitutto, è fondamentale riuscire a prevedere con estrema precisione nuove opportunità di mercato e, di conseguenza dimostrare fiducia nei nuovi modelli ed essere trasparenti. Accostarsi all’innovazione e non rimanerne bruciati significa anche impostare un modello di business che pianifichi un percorso di crescita continuo, offrendo poi ai clienti esperienze uniche e personalizzate. Infine, è importante agire in tempo reale.
Entrando nel dettaglio degli elementi che contribuiscono a generare questo nuovo universo di informazioni, il 66% degli intervistati indica come principali “responsabili” smartphone e tablet, ma allo stesso tempo quattro su dieci includono nell’elenco anche i social media.
I più sensibili al balzo in avanti garantito dai dispositivi mobili sono stati i cinesi: l’82% li considera infatti fondamentali per l’avanzamento del business. Seguono i brasiliani (77%) e i sudafricani, pari merito con gli svizzeri (75%).
Discorso diverso, invece, per il cloud, avvertito come meno rivoluzionario rispetto al settore mobile. Solo il 45% dei manager coinvolti da Emc considera la nuvola come molto impattante sul modello aziendale e, ancora una volta, sono i dirigenti delle società cinesi a svettare su tutti gli altri, con un 77%. Per capire la distanza da Nazione a Nazione, gli opinion leader giapponesi che nominano la cloud sono il 32%, quelli olandesi il 30%.
Le aziende sembrano stare al passo, ma non quelle italiane
Si diceva che, per avere successo nel futuro, è fondamentale già oggi implementare nuove strategie di analisi dei dati. Purtroppo, secondo la ricerca commissionata da Emc, in media le imprese del nostro Paese hanno ancora la “vista corta”: solo il 15% dei business leader interpellati nella Penisola crede che la propria azienda sia in grado di sviluppare previsioni affidabili sulle nuove opportunità di mercato, sfruttando le potenzialità dei Big Data e degli analytics.
La media globale è invece del 23%. E poco più di uno su cinque valuta la strategia tecnologica della propria compagnia come “molto innovativa”.
In Italia, però, i dirigenti riconoscono almeno la trasformazione in atto: per il 69% del panel, l’Information Generation e l’immane mole di dati a disposizione si stanno espandendo, grazie alla combinazione tra i nuovi trend tecnologici come il mobile, i social, i Big Data e il cloud.
Le aziende nostrane devono comunque recuperare un gap importante: solo il 67% degli intervistati dichiara di riuscire oggi a ricavare dai dati a disposizione informazioni utili al proprio business, contro il 92% della Cina e l’88% dell’India. Nel nostro Paese, infine, solo il 21% dei manager censiti giudica molto innovativa la strategia tecnologica della propria azienda
Eppure i dirigenti della Penisola sono terzi, dopo quelli giapponesi e singaporiani, nella classifica dei manager che considerano la possibilità di innovare in modo agile un driver fondamentale per la crescita dell’impresa. Quindi, riassumendo, l’idea c’è: ma, come spesso accade, per colpa di diversi fattori concomitanti, manca l’applicazione concreta.
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