Manifattura digitale, oltre la stampa 3D ancora poco
L'Italia vanta un parco installato di circa 5mila macchine ed è al livello di Regno Unito e Francia. Una ricerca dell’Università di Brescia ne conferma benefici e impatti. Ma nelle medie imprese è anche l’unica tecnologia realmente conosciuta ed utilizzata.
Pubblicato il 22 giugno 2015 da Gianni Rusconi

L'Italia vanta un parco installato di circa 5mila macchine e si pone ai livelli di Gran Bretagna e Francia. Una ricerca dell’Università di Brescia ne conferma benefici e impatti. Ma nelle medie imprese produttive è anche l’unica tecnologia ad essere realmente conosciuta ed utilizzata.
Il mercato del printing 3D non è in crisi, e non lo è soprattutto nel comparto professionale. Quello consumer viaggia su un binario a parte ed è effettivamente in una fase di stasi, legata al fatto che sta cercando di capire “cosa fare da grande”.
Nelle imprese italiane, a fine 2014, erano in esercizio circa 5mila stampanti professionali (con un valore unitario medio superiore ai 5mila), equivalenti a circa il 4% di quelle installate a livello globale. Per intenderci, l’Italia è al livello di Gran Bretagna e Francia, sopra la Spagna e poco sotto la Germania (che vanta una quota di mercato del 9% ed è capofila nel mondo se consideriamo la sola manifattura additiva di metalli).
Numeri, spiega Andrea Bacchetti del Rise Lab (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia, che sono coerenti con i risultati emersi da una recente ricerca attraverso la quale il Rise ha analizzato sette tecnologie considerate dirompenti (tra cui l’Internet delle cose e la realtà aumentata) su un campione di circa un centinaio di imprese manifatturiere italiane (in prevalenza dell’industria meccanica e strumentale). La ricerca ha evidenziato in particolare come la stampa 3D sia in assoluto la tecnologia più conosciuta ed utilizzata.
Circa un quarto delle imprese censite sta infatti svolgendo analisi di fattibilità tecnico-economiche finalizzate alla sua implementazione e una porzione analoga già la impiega quotidianamente a supporto delle attività di ricerca e sviluppo (prototipazione rapida) e di produzione (attrezzature di supporto e piccole serie di componenti finiti).
I benefici ottenuti dalle aziende manifatturiere che hanno già sposato la stampa 3D confermano come l’impatto di questa tecnologia sia già rilevante, oltre che misurabile. Riduzione consistente del time-to market dei prodotti (in alcuni casi anche del 30%) e dei costi di produzione, miglioramento delle prestazioni in esercizio e abbattimento degli sprechi di materiale. Per contro, a frenare uno sviluppo ancora più massivo del fenomeno sembrano essere gli investimenti in macchinari ed attrezzature e, soprattutto, le competenze.
I livelli di utilizzo (in alto) e di conoscenza (in basso) delle tecnologie digitali nel manifatturiero
Le imprese manifatturiere e le tecnologie digitali
La ricerca condotta dal Rise Lab dell’Università di Brescia ha messo sotto osservazione 70 aziende manifatturiere cercando di verificare il grado di conoscenza, diffusione e implementazione di sette tecnologie digitali: stampa 3D, Internet delle cose, realtà aumentata, realtà virtuale, robotica e intelligenza artificiale, nanotecnologie e social manufacturing. L’obiettivo di fondo era quello di rispondere a cinque fondamentali domande.
Quali conoscenze hanno le aziende di queste tecnologie?
Una quota parte rilevante delle aziende manifatturiere non ha ad oggi una conoscenza (nemmeno superficiale) delle tecnologie indagate. Dai risultati emerge come solo la stampa 3D risulti nota a più della metà del campione (61%), peraltro con una buona percentuale (27%) di aziende dotate di conoscenza approfondita.
Solo il 44% delle aziende possiede del know-how relativo ad applicazioni dell’Internet delle Cose, ma solamente il 5% ne ha una conoscenza approfondita. Per le altre tecnologie il livello di conoscenza è ancora più basso, con picchi di “non conoscenza” che vanno dal 65% della realtà aumentata, fino ad oltre l’80% per le nanotecnologie.
Quante aziende si stanno muovendo, e come?
La maggior parte delle aziende del campione non sta utilizzando queste tecnologie, e non sembra nemmeno intenzionata o pronta a farlo nel breve periodo. Circa il 21% delle aziende del campione sta concretamente impiegando la stampa 3D, ed un altro 29% sta se non altro conducendo un’analisi preliminare volta a verificarne la fattibilità tecnico-economica.
La stampa 3D è seguita dall’Internet delle Cose, con un 15% di aziende che ad oggi applicano la tecnologia, ed un altro 15% che si sta attrezzando. I sistemi di social Manufacturing e di robotica avanzata raggiungono la soglia dell’11% del campione, mentre le restanti tecnologie non superano il 4%, a testimonianza di una sostanziale non-applicazione.
Investigando le aree aziendali coinvolte, emergono in particolare R&D, produzione e marketing. L’It è altresì parecchio coinvolto, tendenzialmente come abilitatore, mentre aree di supporto quali amministrazione, risorse umane ed acquisti, sembrano totalmente escluse.
Che benefici stanno ottenendo?
I benefici a cui le aziende ambiscono grazie a queste tecnologie possono essere ricondotti a cinque macro-categorie: qualità & servizio (sviluppare prodotti con funzionalità incrementate), reattività (ridurre il time-to-market), efficienza (contenere i costi), controllo & affidabilità (controllare e monitorare processi e prodotti), flessibilità (ridurre i tempi di setup, producendo piccoli lotti in modo competitivo).
I benefici attesi, per quasi tutte le tecnologie, raggiungono punteggi molto elevati con riferimento alle aree di qualità & servizio e reattività. Anche la ricerca di una maggiore integrazione di filiera viene dichiarata come un beneficio rilevante, con specifico riferimento al processo di sviluppo nuovi prodotti.
Appaiono invece obiettivi meno rilevanti la riduzione dei costi e la ricerca di una maggiore produttività, a dimostrazione della transizione in essere tra il paradigma della produzione di massa verso quello della personalizzazione di massa. Considerando le tecnologie più note ed impiegate (stampa 3D e Internet delle Cose), i benefici raggiunti risultano mediamente superiori a quelli attesi.
Quali ostacoli stanno incontrando?
Le aziende coinvolte nell’indagine segnalano come elemento maggiormente ostativo alla diffusione delle tecnologie, la difficoltà nel reperire risorse competenti. L’intensità di questo ostacolo tende ad aumentare nelle aziende che hanno già implementato la/e tecnologia/e, rispetto a quelle che sono ancora nella fase esplorativa.
Ostacolo meno significativo, risulta essere l’onerosità degli investimenti in attrezzature e strumenti, in particolare per le aziende che stanno già concretamente impiegando le tecnologie. Ancora meno rilevanti risultano gli ostacoli legati allo stato di maturazione e sviluppo delle tecnologie e alla disponibilità di provider tecnologici specializzati.
È davvero una rivoluzione democratica e trasversale?
Analizzando opportuni indicatori di propensione innovativa, per singola tecnologia ed in termini globali, emerge che le piccole e medie imprese non sono escluse dal processo di rivoluzione in corso; in altre parole, non è possibile negarne la democraticità.
Con riferimento alla trasversalità settoriale, seppure a fronte di evidenze meno robuste, non è possibile identificare a priori settori esclusi (o escludibili) da essa, seppure con intensità anche significativamente diverse.
ITALIA