Meno 10% di CO2 in Italia entro il 2030 grazie al digitale
Ambrosetti e Microsoft hanno realizzato uno studio sull’incidenza dell’utilizzo delle nuove tecnologie a supporto della sostenibilità ambientale. Oltre alla riduzione di 37 milioni di tonnellate annue, si prevedono effetti positivi collegati al Pnrr e alla diffusione di maggior cultura sul tema nelle aziende.
Pubblicato il 07 settembre 2021 da Roberto Bonino

Di sviluppo sostenibile si parla da diverso tempo, ma The European House-Ambrosetti e Microsoft hanno voluto misurare nel concreto quale possa essere, in prospettiva, l’apporto del digitale agli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 in Italia. L’obiettivo di riduzione del 55% recentemente adottato dalla Commissione Europea, la definizione del Pnrr, i mutamenti imposti dagli effetti della pandemia e la tendenza all’aumento della disuguaglianza sociale (+ 12% dell’indice Gini nel 2020) sono stati il quadro di riferimento di uno studio che ha abbinato incontri di approfondimento riservati e un’indagine su oltre 200 realtà nazionali più o meno equamente divise fra grandi e piccole-medie aziende, con prevalenza del settore manifatturiero.
Emerge, in prima battuta, come il digitale apporti un significativo premio di produttività alle aziende ormai orientate in questa direzione, con un differenziale del 64% rispetto a chi ancora è rimasto ancorato alla tradizione. Allo stesso tempo, una percentuale analoga del campione considera la sostenibilità ambientale un elemento portante della propria visione strategica, con un’applicazione più presente nei processi interni (59%) rispetto al rinnovamento dei prodotti e servizi (39,6%).
Per misurare anche concretamente l’apporto del digitale alla salute dell’ambiente, Ambrosetti ha messo a punto un modello proprietario, dal quale risulta che entro il 2030 la tecnologia contribuirà all’abbattimento delle emissioni di CO2 per una quota pari a 37 milioni di tonnellate all’anno, ovvero il 10% in meno rispetto ai livelli del 2019: “La valutazione deriva dalla considerazione di tre ambiti, ovvero il sistema energetico e produttivo, l'economia circolare digitale e i nuovi modelli di lavoro e consumo”, ha descritto Patrizia Lombardi, prorettore del Politecnico di Torino e presidente della Rete delle università per lo sviluppo sostenibile. “Il dato va ad aggiungersi alla riduzione di 36 milioni di tonnellate già prevista piano nazionale legato all'aumento delle fonti di energia rinnovabili”.
Patrizia Lombardi, prorettore del Politecnico di Torino e Silvia Candiani, amministratore delegato di Microsoft Italia
Indubbiamente, la crescita dell’utilizzo di tecnologia digitali ha subito un’impennata nel corso dell’ultimo anno, ma una quota intorno al 60% del campione ritiene che il lavoro remoto e la collaborazione siano leve che favoriscono anche un contributo alla sostenibilità sociale. Per dar corpo a questa tendenza, occorre però che si radichi una cultura aziendale orientata al digitale, come indicato dal 42% del campione. Importanti, ma giudicati per ora meno essenziali, appaiono la presenza di processi che permettano di sfruttare appieno il digitale (24%) e delle giuste competenze per creare valore a partire dagli asset digitali in azienda (21,5%).
Il gap fra grandi aziende e Pmi
Se da un lato, tuttavia, l’86% delle aziende considerate da Ambrosetti-Microsoft ha dichiarato di aver implementato o programmato misure per la sostenibilità abilitate dal digitale, si evidenzia un gap ancora importante fra le aziende più grandi e le Pmi. Queste ultime solo nel 47% dei casi considera la sostenibilità un caposaldo della propria missione e il 50% sta ridisegnando i propri processi interni in ottica di efficientamento del consumo di risorse, concentrandosi in modo particolare sulla supply chain e anche sulla creazione di figure professionali pronte a mettere in atto il cambiamento.
Dall’insieme di informazioni emerse dallo studio, sono state tratte alcune proposte che potrebbero aiutare il sistema-Paese a sfruttare meglio la relazione fra tecnologie digitali e sostenibilità ambientale. In primo luogo, occorre consolidare il diritto alla formazione attraverso quello che è stato definito un new deal delle competenze. Poi appare necessario individuare standard condivisi per la misurazione della sostenibilità delle aziende (con definizione di metriche e forme di incentivazione) e, infine, sancire il diritto universale al digitale come leva di inclusione sociale riduzione delle disuguaglianze: “Lo studio che abbiamo condotto con The European House-Ambrosetti dimostra come non esista un conflitto fra ottenimento del profitto e sfruttamento della sostenibilità, ma si tratti di due elementi convergenti”, ha osservato Silvia Candiani, amministratore delegato di Microsoft Italia. “Intelligenza artificiale e IoT consentono di rendere i processi industriali più efficienti e meno invasivi sul territorio, sfruttando il potere dei dati. Per questo il tema della misurazione è molto importante, in modo da andare oltre i proclami astratti e formulare obiettivi concreti in termini di numeri e di tempi di realizzazione”.
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