Oltre l’emergenza, le Rsa cercano la via dell’innovazione
Una ricerca condotta da Ipsos, in collaborazione con Ascom Ums, fotografa innanzitutto un comparto dai contorni non sempre chiari e poi traccia le linee di un possibile sviluppo, dopo lo stress del periodo acuto della pandemia.
Pubblicato il 11 novembre 2021 da Roberto Bonino

Prima dell’esplosione del Covid-19, delle Rsa (Residenze sanitarie assistenziali) non si parlava troppo. Luoghi di ospitalità e, in qualche caso, confino per persone anziane spesso non autosufficienti, queste strutture diventavano oggetto di attenzione solo per fatti di cronaca e di malagestione. La pandemia ha scoperchiato un mondo messo sotto pressione da un fenomeno imprevedibile, che ha agito su organizzazioni impreparate e portato alla luce numerosi elementi critici.
Oggi che l’emergenza appare superata nella sua fase più acuta, le Rsa si trovano a dover capire come migliorare gli aspetti critici evidenziati nel recente passato, alla luce anche delle opportunità offerte dal Pnrr. Sul tema, Ipsos ha condotto una ricerca, sostenuta da uno specialista di soluzioni tecnologiche per il mondo sanitario come Ascom Ums.
Affrontare questo microcosmo ha richiesto un lavoro articolato, poiché non si può partire da un quadro organico e certo del settore, dato che non esiste un’anagrafe nazionale univoca. Pertanto, i ricercatori hanno realizzato una prima analisi desk per incrociare le fonti disponibili (Istat, ministero della Salute e Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale) e tracciare uno scenario di riferimento.
Si evince da qui che le strutture operanti in Italia sono circa 3.300, con un totale di posti-letto stimabile intorno ai 300mila e una collocazione geografica concentrata prevalentemente al Nord. Non sorprende che l’età delle persone ospiti sia fortemente sbilanciata verso l’alto, con un 54% dagli 85 anni in su. Il 79% risulta non autosufficiente.
Sappiamo che le Rsa sopperiscono a un volume di investimenti pubblici nel settore dei servizi socioassistenziali agli anziani storicamente molto basso. La domanda è cresciuta nel tempo, in linea con il tasso di invecchiamento medio della popolazione, ma a questo non è corrisposto un adeguamento delle organizzazioni, che faticano a sostenere i costi di gestione e si sono viste costrette ad aumentare le tariffe e tagliare il personale specializzato e la manutenzione delle strutture. Da qui è derivata la situazione tragica del periodo acuto della pandemia, che ha investito in modo particolare i soggetti fragili, ma anche i luoghi che li ospitavano e si trascinavano carenze organizzative pregresse.
Il variegato scenario italiano
Il panorama italiano vede a grandi linee la presenza di grandi gruppi da un lato e Rsa singole o a piccoli gruppi dall’altro. I primi raccolgono dalle 10 alle 65 strutture ciascuna della quali offre dai 30 ai 200 posti-letto. Le seconde hanno numero e offerta di servizi più limitati (al massimo centri diurni e assistenza domiciliare).
Per comprendere la diffusione delle soluzioni tecnologiche e le prospettive delle Rsa, Ipsos e Ascom Ums hanno lavorato su un campione qualitativo di quattordici realtà, suddivise equamente fra soggetti grandi e piccoli. In uno scenario molto differenziato, è emerso che gli strumenti di comunicazione unificata e di analisi dei dati (chiamate di allarme, tempi di intervento) sono tra i più diffusi, mentre c’è forte carenza di soluzioni per la sicurezza del paziente e del personale, così come di sistemi di monitoraggio e integrazione della cartella clinica: “Abbiamo riscontrato la sostanziale assenza di soluzioni tecnologiche per il controllo delle funzioni vitali dei pazienti”, ha commentato Francesco Deventi, sales director di Ascom Ums. “Ciò deriva dal retaggio di un mandato considerato fondamentalmente assistenziale più che sanitario. Il Covid-19, tuttavia, ha fatto crescere il livello di attenzione, poiché i pazienti positivi necessitano di un monitoraggio costante dei parametri e al contempo è necessario un controllo più esteso per intercettare tempestivamente eventuali primi sintomi. L’integrazione con la cartella clinica elettronica solleverebbe gli operatori di parte del carico assistenziale”.
Francesco Deventi, sales manager di Ascom Ums
Un’altra tecnologia di rilievo riguarda i sistemi di chiamata infermiere, resi obbligatori dalle norme di accreditamento. I grandi gruppi hanno messo in luce i vantaggi del software a livello gestionale, per monitorare la richiesta assistenziale dei vari nuclei, prevedere interventi mirati su ospiti con maggiore richiesta assistenziale e verificare l’operato in termini di tempi di intervento. Scarsamente presenti e ritenuti poco utili, invece, sono i sistemi di rilevazione dell’allontanamento dalla struttura.
Opportunità e ostacoli verso l’innovazione
Guardando avanti, anche nelle Rsa sarebbe auspicabile un processo di trasformazione digitale, che però oggi cozza contro diverse barriere, a partire dai costi e dalla necessità di rivedere i processi organizzativi: “La connessione a internet è considerata il primo step del cambiamento, ma si tratta di un aspetto percepito come problematico per le caratteristiche strutturali o la localizzazione di alcune strutture, la frammentazione territoriale per i grandi gruppi e i tempi di intervento delle compagnie telefoniche” ha osservato Deventi.
Il Covid-19 a portato a un incremento nell’uso delle tecnologie da cui difficilmente si tornerà indietro. Anche qui si è sentito il peso dello smart working per il personale amministrativo, ma ha inciso anche il contatto tra ospiti e familiari tramite videochiamate, perlopiù con tablet. Più raro l’effetto derivato da consulenze specialistiche e refertazioni offerte in remoto.
Nello scenario “next normal”, le Rsa hanno evidenziato alcune necessità più stringenti. La carenza di personale soprattutto infermieristico richiede di poter ottimizzare i processi di assistenza e cura, mentre soprattutto per effetto della pandemia è cresciuta la consapevolezza di dover garantire un intervento tempestivo in caso di necessità e di dover offrire modalità nuove di relazione tra l’ospite e i suoi familiari. L’aumento delle spese dovute al Covid-19 e le mancate entrate derivanti dal calo degli accessi costituiscono un deterrente sulla strada della trasformazione digitale, ma i fondi del Pnrr potrebbero rappresentare una leva positiva, anche perché le linee guida suggeriscono un ridisegno organizzativo e strutturale delle Rsa, che dovranno avvalersi della tecnologia per essere accompagnate in questo percorso: “Ci sono diversi ambiti nei quali la tecnologia può sostenere un percorso di innovazione”, ha concluso Deventi. “Dalla telemedicina alla gestione remotizzata di servizi e chiamate, si aprono opportunità per raggiungere la resilienza che purtroppo è mancata dinanzi alla crisi pandemica”.