Opportunità e trappole nel percorso di crescita dei Cdo
Non senza difficoltà e resistenze, molte aziende provano a impostare strategie data-driven e questo crea spazio per figure di responsabilità esperte e dedicate.
Pubblicato il 31 agosto 2021 da Roberto Bonino

Stando a numeri e testimonianze raccolte, sembra crescere anche nelle aziende italiane l’istituzione della figura del Chief Data Officer (Cdo). Lo testimonia anche lo studio qualitativo realizzato da Technopolis, che descrive come si stia affrontando l’evoluzione verso una logica data-driven.
In realtà, si tratta di un ruolo per il quale ancora occorre delimitare correttamente il perimetro, dato che molte organizzazioni che hanno creato lo spazio per questa figura in realtà le attribuiscono responsabilità soprattutto di razionalizzazione e sicurezza sui dati, come si osserva anche nell’edizione 2021 della Gartner Cdo Survey. La stessa fronte, peraltro, evidenzia come meno della metà delle grandi aziende disponga di un Chief Data Officer.
Gartner osserva come il ruolo sia ormai indispensabile per tutte le aziende che fondano il processo decisionale sui dati e sulla loro analisi. Un altro recente studio, realizzato questa volta da 451 Research, conferma questa visione, con numeri più ottimistici soprattutto con riferimento alle realtà più complesse. L’analista, infatti, indica come il 71% delle imprese con oltre 10mila dipendenti disponga di un Cdo, ma la percentuale si attesta sul 60% (o poco sotto) anche per le realtà con organici superiori alle mille o alle 5mila persone. Nel 2020 lo stesso dato era attestato al 41%.
In aggiunta, nella metà delle aziende analizzate, il responsabile supremo dei dati risponde direttamente al Ceo, mentre solo nel 17% dei casi il superiore diretto è il Cio. Questo indica come i progetti legati ai dati siano strategici e trasversali allo stesso tempo, essendosi svincolati dalla loro primigenia natura eminentemente tecnologica. D’altra parte, anche Gartner rileva come un Cdo appaia indispensabile in tutte le realtà dove manchi una governance efficace e non si abbia una conoscenza compiuta degli asset a disposizione e, allo stesso tempo, ci sia la volontà di creare una cultura data-driven diffusa, con particolare attenzione all’importanza dei marketing analytics.
Cresce il peso della qualità dei dati
Al di là della figura manageriale dedicata, a crescere appare soprattutto il numero dei consumatori di dati, come certificato dal 72% del campione analizzato da 451 Research. Accesso e utilizzo dei dati sono in costante aumento e non solo da parte di soggetti aziendali, ma anche direttamente dalle macchine.
Si è parlato per lungo tempo di Big Data per identificare l’esponenziale incremento dei dati da dover elaborare e analizzare per poter costruire strategie di business. Oggi, invece, al centro dell’attenzione delle organizzazioni e dei loro manager appare soprattutto la qualità e l’attendibilità delle informazioni utilizzate. Il 90% del campione di 451 Research ritiene che il concetto di integrità sia destinato a diventare centrale entro i prossimi due anni.
Sul piano tecnologico, in compenso, si delinea una chiara tendenza all’adozione del cloud. Il 76% del campione analizzato da 451 Research prevede di basare su questa logica lo sviluppo dei progetti sui dati nei prossimi due anni, anche se non mancano resistenze culturali legate alla sicurezza e alla compliance normativa.
I limiti delle competenze e della cultura aziendale
In questo scenario evolutivo, certamente non mancano trappole e sfide da affrontare con attenzione. Un primo elemento di attrito è rappresentato dai limiti imposti dalla sicurezza, dalla compliance e dalla governance. L’84% delle aziende ritiene che le esigenze di privacy e le relative regole da rispettare possano condizionare l’accesso ai dati. Altrettanto pesante appare la preoccupazione legata alla carenza endemica di competenze. Qui un po' di fiducia viene riposta nei programmi di formazione e “literacy” intrapresi da molte realtà, mentre in parallelo tende a calare la complessità delle interfacce e degli strumenti a disposizione dei manager di business. Peraltro, la Digital Business Transformation Survey 2021, realizzata da The Innovation Group, conferma come le aziende italiane stiano spingendo molto sul fronte dell’accesso alle informazioni in qualsiasi luogo e tempo o da qualunque dispositivo (il 53% ha progetti avanzati), ma siano ancora carenti le iniziative atte a spingere internamente l’approccio data-driven (solo il 23% appare attiva su questo fronte).
Tuttavia, resta debole il livello di maturità sul fronte DataOps, poiché solo il 10% ritiene di disporre di una cultura avanzata sul tema e il 31% ha messo a punto una strategia capace di generare valore. Se solo il 17% evidenzia perplessità di fondo, inquieta il 42% che ha affrontato la problematica, ma non ne ha ricavato fin qui una strategia operativa. Questo appare il terreno sul quale più dovrebbe farsi sentire il ruolo del Cdo, che però si scontra con processi e mentalità tradizionali destinate a limitarne il potenziale. Le strutture gerarchiche sui dati sono molteplici e spesso nessuna riesce a imporsi come riferimento chiaro per l’azienda.
GARTNER