Più digitalizzata, meno sicura. Le tendenze della supply chain
L’80% delle aziende ha subìto interruzioni sulla catena di approvvigionamento nell’ultimo anno e mezzo. Partendo da qui e dallo scenario macroeconomico, le aziende stanno investendo per digitalizzare i processi, cercando il giusto equilibrio fra aumento dell’efficienza e riduzione dei costi.
Pubblicato il 28 aprile 2023 da Redazione

Lo scenario pandemico, il conflitto in Ucraina e il conseguente innalzamento dei prezzi delle materie prime, l’aumento del costo del trasporto delle merci e quello legato all’inflazione, con la contestuale minaccia di recessione economica, stanno continuamente ridisegnando lo scenario globale della supply chain. La volatilità della domanda e il contesto macroeconomico mai così imprevedibili hanno scardinato il settore mettendo in difficoltà le aziende di tutto il mondo: secondo il report di Deloitte “Meeting the challenge of supply chain disruption” l’80% delle organizzazioni ha subito almeno un’interruzione sulla supply chain negli ultimi 12-18 mesi, con il 50%che ha affermato di aver avuto ripercussioni significative su produttività aziendale e profitti.
La sfida per il futuro è capire in che modo ricostruire un nuovo modello della catena d’approvvigionamento più resiliente, data driven, basato sui flussi di lavoro intelligenti e, naturalmente, sostenibile. La tecnologia avrà il ruolo di grande protagonista: secondo la ricerca Mhi Annual Industry Report 2023 il 74% delle aziende aumenterà gli investimenti destinati alla tecnologia (di questa percentuale ben il 90% ha dichiarato che metterà a budget oltre un milione di dollari nei prossimi due anni) che porteranno a un’importante crescita globale del settore della digital supply chain. Per Allied Market Research, infatti, il comparto nel 2022 valeva oltre 5 miliardi di dollari e raggiungerà i 13,67 miliardi nel 2030 con un tasso di crescita annuale del 13,2%.
Il focus si sposta verso la gestione dei dati
In quali ambiti la tecnologia andrà a costruire la supply chain del futuro? Le soluzioni per i nuovi tool per l’ottimizzazione dell’inventario e della rete di logistica e distribuzione (sempre secondo il report Mhi) sono l’ambito in cui avverranno i principali investimenti visto che entro i prossimi cinque anni questi programmi avranno un tasso di adozione dell’87%; seguono le tecnologie cloud con l’86% e gli strumenti per l’identificazione automatica (come Rfid e barcoding) con l’84%. Rimangono indietro tecnologie più rinomate come l’intelligenza artificiale e la blockchain, che entro i prossimi 5 anni verranno utilizzate rispettivamente dal 73% e 68% delle aziende. Per migliorare lo scambio elettronico delle informazioni sia all’interno dell’organizzazione, sia con i partner commerciali (fornitori, società di logistica e trasporti, destinatari che possono adottare standard differenti) è necessaria una tecnologia che consenta di centralizzare e monitorare la trasformazione delle informazioni e convertirle nel formato più idoneo per la funzione aziendale che dovrà utilizzarlo: “La data integration sarà parte fondamentale della supply chain del futuro spiega Luca Musso, Chief Technology Officer di Primeur Group, azienda multinazionale italiana impegnata nelle tecnologie di data integration. “Le aziende si trovano a dover gestire dati che arrivano da fonti eterogenee poiché ogni entità coinvolta utilizza le proprie applicazioni e quindi produce o necessita di ricevere dati in un determinato formato. Pensiamo solamente al fatto che, secondo il report State of Supply Chain Management 2022, l’80% delle aziende non riesce a tracciare digitalmente il movimento delle proprie merci: è evidente che occorra un nuovo approccio per accelerare la trasformazione digitale della supply chain”.
Luca Musso, Chief Technology Officer di Primeur
In uno scenario in continua evoluzione e pieno d’incognite non sorprende che le principali priorità delle aziende che operano nella supply chain siano a breve termine. Secondo il “PwC Digital Trends in Supply Chain Survey 2022” l’aumento dell’efficienza (63%) e la riduzione dei costi della supply chain (59%) sono le voci che hanno raccolto la gran parte delle preferenze rispetto ad altri aspetti che riguardano l’organizzazione del lavoro più a lungo termine come il reskilling digitale della forza lavoro (19%) e le iniziative di corporate social responsibility e sostenibilità (sempre al 19%). Sul fronte delle preoccupazioni il 46% degli intervistati ammette che sono i costi delle spedizioni ad allarmare maggiormente gli operatori (secondo il report di Deloitte sono aumentati del 77% da gennaio 2021 ad agosto 2022) seguito dai problemi relativi ai fornitori che stanno faticando a soddisfare le domande degli ordini (43%).
Questi problemi a loro volta si traducono in sfide in uscita: il 31% degli intervistati ha citato l'incapacità di adempiere ai contratti in corso come una delle principali preoccupazioni operative. Se, da una parte, le tecnologie digitali sono un fattore abilitante per gli obiettivi di resilienza della supply chain, dall’altra parte presentano anche delle criticità: sempre secondo il report Deloitte, l'88% delle aziende nutre preoccupazioni in merito a questioni di cybersicurezza (furto di dati o di proprietà intellettuale, sicurezza delle informazioni legali e finanziarie) a causa della fragilità dell’ecosistema di sicurezza della supply chain: “La sicurezza della movimentazione ed elaborazione dei dati rappresenta un aspetto di fondamentale importanza”, evidenzia Musso. “In questo contesto l’integrazione dei dati è imprescindibile perché consente di armonizzare l’integrazione dei dati tra le realtà coinvolte nella supply chain, rendendo più efficiente lo scambio d’informazioni e assicurando controllo, qualità e sicurezza dei processi”.
I principali trend del futuro
Oltre a quelli già citati. ci sono alcuni trend che caratterizzeranno l’evoluzione del settore nel futuro, secondo un’analisi condotta da Espresso Communication. Innanzitutto, il cosiddetto “Bullwhip Effect”, ovvero l’effetto frusta (chiamato anche effetto Forrester), che indica un incremento della variabilità della domanda alla base della supply chain: basta infatti una piccola variazione all’inizio della catena per provocare un effetto amplificato all’altra estremità. Le oscillazioni di prezzo avute sulle materie prime e le difficoltà nella gestione degli ordini potrebbero avere un effetto amplificato durante quest’anno.
Un altro tratto forte sarà la servitization, con il passaggio dal prodotto a servizio che arriverà anche alla supply chain. Le nuove tecnologie digitali permetteranno la valorizzazione della componente del servizio offrendo un prodotto a maggior valore per tutta la filiera. Attuare questo cambiamento, però, significa modificare i processi organizzativi interni aziendali e solo grazie alla trasformazione digitale si potrà evolvere il business aziendale verso nuovi obiettivi.
Grazie alle nuove tecnologie, poi, le supply chain stanno diventando sempre più innovative ma anche più complesse. Per questo il confine tra colletti blu e bianchi è sempre più labile: le operazioni di produzione e la catena d’approvvigionamento necessitano di competenze sia fisiche sia tecnologiche e la trasformazione digitale non può rimanere isolata e necessita di lavoratori preparati e competenti.
Aggiungiamo che, secondo il report Pwc, il 66% degli intervistati ritiene i regolamenti e i cambiamenti normativi nei diversi paesi la sfida Esg più importante al centro della supply chain nei prossimi anni. Oltre a questo, viene citato il rischio connesso ai fornitori (inquinamento ambientale, corruzione e altro) con il 58% e la creazione di report ESG affidabili (con il 54%). Infine, le tensioni geopolitiche hanno visto le nazioni diventare più scettiche sulla cooperazione internazionale. Vista la carenza di materie prime diverse nazioni stanno esplorando l'autosufficienza nazionale nella fornitura di materiali e nella produzione. Il termine “friend-shoring” si riferisce alla costruzione di legami commerciali con paesi che la pensano allo stesso modo e geograficamente vicini.
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