• IL NOSTRO NETWORK:
  • The Innovation Group
  • Technopolis
  • ictBusiness.it
logo
logo
  • In evidenza
  • Focus
  • Eccellenze.it
  • Trend & Analisi
    • Italia Digitale
    • AI & Data Intelligence
    • Infrastrutture
    • Cybersecurity
    • Smart Manufacturing
    • Finance
    • Retail
    • Digitale e sostenibilità
  • Ti trovi in:
  • Home Page
  • Focus

Pnrr, sta arrivando il programma Apollo italiano?

Francesco Gardenal, product owner di Vortal, rimarca le opportunità insite nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ma ne evidenzia anche alcuni limiti, soprattutto nelle procedure connesse all’e-procurement.

Pubblicato il 02 dicembre 2021 da Redazione

Il Pnrr è un’opportunità più unica che rara, specialmente per l’Italia dove non sono mai stati stanziati investimenti pubblici di questa portata. La mole finanziaria messa in gioco dovrebbe ammontare a circa 235 miliardi di euro. Per fare alcuni confronti, il Mose di Venezia è costato 7 miliardi, il ponte sullo Stretto di Messina ne costerebbe 6, mentre l’intera operazione spaziale Apollo, che ha permesso all’uomo di sbarcare sulla Luna nel lontano 1969, ha toccato quota 242 miliardi.

Proprio come nel caso del Pnrr, il piano spaziale americano richiedeva di sviluppare innovazioni dirompenti in molti ambiti diversi. Si potrebbe quindi prendere esempio da questo caso di successo per rendere efficaci gli investimenti e non sprecare questa opportunità per rilanciare la competitività del sistema Paese.

Il successo di Apollo è dipeso da tre elementi fondamentali: una visione chiara (portare l’uomo sulla Luna), un “regista” autorevole (la Nasa) e procedure e strumenti adeguati al public procurement, per impiegare efficacemente le risorse disponibili. Per quanto riguarda gli appalti pubblici, riprendendo la brillante analisi di Mariana Mazzucato (“Missione Economia”, 2019), le caratteristiche distintive dell’approccio adottato dalla Nasa sono state quattro. Con i performance based contracts: ai fornitori veniva garantita la remunerazione dei costi, ma i profitti erano assegnati solo in caso di prestazione positiva (incentivi). Inoltre, il programma R&D aveva principalmente l’obiettivo di sviluppare le competenze del gruppo Nasa e, in aggiunta agli stanziamenti pubblici, le aziende private hanno investito diversi miliardi di dollari nel Programma Apollo, sviluppando brevetti e tecnologie che avrebbero potuto commercializzare successivamente in ambiti differenti. Infine, la Nasa aveva libertà di reclutare tempestivamente i migliori partner possibili, con quote riservate alle medie e piccole imprese.

Adottare un simile approccio, con i dovuti aggiornamenti, può senz’altro essere utile anche oggi e le soluzioni informatiche di e-procurement possono semplificarne l’adozione. In generale, l’impiego dei fondi del Pnrr dovrà essere mediato da questi sistemi, che svolgono quindi un ruolo fondamentale nell’implementazione efficace del piano.

Francesco Gardenal, product owner di Vortal

Ci sono tuttavia alcune problematiche di fondo che limitano significativamente i benefici che le piattaforme di e-procurement possono generare sulle gare d’appalto e i processi collegati. L’ecosistema dell’e-procurement in Italia è frammentario e disintegrato, con effetti di “lock-in” e trend di mercato al ribasso, che riducono la qualità dei progetti di digitalizzazione. A questo si aggiunge l’assenza di regole e standard chiari, oltre a una “regia” del sistema con molti attori, le cui responsabilità a volte si sovrappongono. Esistono, inoltre, enormi differenze tra le prassi organizzative e i sistemi informativi adottati dagli enti pubblici, che rendono difficoltoso mettere a fattor comune le migliori pratiche di implementazione.

Va ricordato poi che dal 2016 ci sono state circa sei versioni degli articoli più importanti del Codice dei Contratti, richiedendo ai provider e-procurement di realizzare importanti investimenti per garantire adeguamenti normativi che hanno poi vita breve. Infine, nonostante il grande impegno delle istituzioni, Agid in primis, è ancora enorme il divario con altri paesi europei: ad esempio, tra il 2016 e il 2020 in Germania sono stanti banditi circa 25mila appalti innovativi contro solo 350 in Italia.

In questo contesto, si inseriscono le caratteristiche minime (stabilite dal Decreto 12 agosto 2021 n.148), che devono avere le piattaforme di e-procurement. Ad esempio, l’autenticazione deve avvenire attraverso Spid, la documentazione e le informazioni devono essere raccolte in un fascicolo informatico (in ottica conservazione digitale), tutte le attività devono essere tracciate e consultabili per finalità di audit e si deve concepire la possibilità di lavoro da remoto per le commissioni e l’accesso per gli operatori economici.

Tra le misure indicate, risultano assenti, o solo accennate nella sezione “migliori pratiche”, in chiusura del documento, alcune caratteristiche imprescindibili oggi nei progetti e-procurement. Innanzitutto, considerando la complessità dell’ecosistema applicativo degli appalti (decine di sistemi informatici, con cui l’interazione è fondamentale), è necessario che le piattaforme siano sviluppate in modo organico, con architettura aperta, pensando prima alle esigenze di interoperabilità (il cosiddetto approccio Api-first).

Inoltre, questi sistemi non devono essere usati come mero strumento per la ricezione di offerte digitali, ma devono supportare a 360 gradi il lavoro quotidiano dei buyer, ponendo l’enfasi sulle funzionalità di collaborazione tra utenti e aziende differenti, in modo da aumentare l’efficienza operativa e stimolare la crescita delle competenze. L’e-procurement deve poi migliorare le capacità di analisi dei dati, aiutando le stazioni appaltanti a ricavare informazioni significative dalla grande mole di dati gestiti, ad esempio per individuare automaticamente aree in cui è possibile migliorare l’efficienza di spesa.

Anche il Pnrr stesso, nella sezione “Recovery procurement platform” individua alcuni progetti in ambito e-procurement che l’Italia dovrà eseguire entro il secondo quadrimestre 2026. Tra questi, troviamo un Crm evoluto per i servizi di informazione, formazione e supporto, con chatbot e social collaboration; la digitalizzazione dei processi di dichiarazione e verifica dei requisiti per la partecipazione agli appalti pubblici e l’implementazione della blockchain per le attività di verifiche e audit dei processi e-procurement.

Si tratta di soluzioni in grado di realizzare benefici significativi. Tuttavia, considerando che sono basate su tecnologie già disponibili nel mercato da tempo, sarebbe auspicabile un anticipo sui “tempi di consegna”, anche per permetterne l’utilizzo nelle procedure destinate all’impiego dei fondi del Pnrr stesso.   

In conclusione, gli obiettivi e le strategie di implementazione che emergono dalle “modalità di digitalizzazione” e dal Pnrr appaiono piuttosto vaghi e forse non abbastanza ambiziosi. Esiste il rischio che gli investimenti nei sistemi e-procurement non sviluppino reali innovazioni, ma servano solo a garantire meri adempimenti formali. Siamo tuttavia solo all’inizio di questo percorso: per far decollare il piano servirà che gli attori della cabina di regia riescano a stimolare aziende, centri di ricerca e altri stakeholder ad impiegare competenze e risorse per rinnovare in modo radicale il sistema del procurement.  

 

CRM

  • Pnrr, sta arrivando il programma Apollo italiano?
  • L’impatto della digitalizzazione sulle strategie di Iperceramica

FOCUS

  • Le esperienze uniche passano per software personalizzati
  • Le nuove frontiere dell’intelligenza artificiale che inganna
  • Quanta protezione offre alle aziende l'assicurazione informatica?
  • Banking-as-a-Service, la rivoluzione promessa e il suo progresso
  • DevSecOps, una risposta alle sfide di compliance imposte dal cloud
Chi siamo
Contatti
Privacy
Informativa Cookie
In evidenza
Focus
Eccellenze.it
The Innovation Group
ictBusiness
indigo logo tig logo
© 2023 The Innovation Group, via Palermo 5, 20121 Milano | P.IVA 06750900968