Smart city fa rima con Internet delle cose. E la sicurezza?
Secondo Gartner, a fine 2015 saranno operativi 1,1 miliardi di oggetti connessi, che diventeranno 9,7 miliardi nel 2020. Il più importante bacino di applicazione sarà la domotica. Ma l’IoT è anche una sfida da vincere per proteggere dati e reti.
Pubblicato il 27 marzo 2015 da Alessandro Andriolo

Secondo Gartner, entro la fine del 2015 saranno operativi in tutto il mondo 1,1 miliardi di oggetti collegati al Web, che diventeranno 9,7 miliardi nel 2020. Il più importante bacino di applicazione sarà la domotica, seguita dal comparto automobilistico. Ma l’IoT è anche una sfida da vincere per le aziende per la protezione di dati e reti. Ecco il consiglio dell’esperto.
In origine erano gli smartphone: la nuova generazione di cellulari che estendeva il classico concetto di telefono e permetteva di fare moltissime cose, utilizzando app e programmi specifici. Poi, un poco alla volta, tutto è diventato “intelligente”. Dagli orologi alle macchine, passando per l’abbigliamento.
È l’ennesima rivoluzione dell’informatica, applicata questa volta agli oggetti di uso quotidiano, con cui interagire e dialogare per saperne di più su noi stessi e sull’ambiente che ci circonda. Ma se ad essere smart non fosse un semplice dispositivo ma proprio l’ambiente in cui si vive?
È il concetto di città intelligente, che indica tutte le strategie di pianificazione urbanistica correlate all'innovazione e, in particolare, alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informatica per migliorare la qualità della vita delle persone.
Una sfida costante per le figure professionali che si occupano di urbanizzazione, in quanto la continua crescita dei centri grava sulle amministrazioni pubbliche. Queste hanno infatti il compito di bilanciare costantemente il problema delle risorse limitate e la sostenibilità ambientale con lo sviluppo.
Ma non solo, devono anche farsi carico della sicurezza dei cittadini sulle strade e di molte altre questioni fondamentali. Per questo, le nuove tecnologie rappresentano ancora una volta uno dei mezzi principali per arrivare all’obiettivo di comunità e metropoli davvero smart, in grado di produrre e distribuire informazioni condivise in tempo reale tra sistemi differenti.
Analizzando i dati di mercato relativi a questo comparto si nota come, entro la fine dell’anno, saranno operativi in tutto il mondo oltre 1,1 miliardi di oggetti connessi al Web. È la società di ricerca Gartner a fornire le cifre dei dispositivi perennemente online, che rappresentano i capisaldi della rivoluzione intelligente.
Questi device permettono infatti la trasmissione di grandi quantità di dati, che possono essere poi trasformati in informazioni utili per la gestione delle abitazioni e di interi quartieri.
Nei prossimi cinque anni il numero degli oggetti smart toccherà i 9,7 miliardi e le tecnologie relative alla domotica continueranno a farla da padrone. Già oggi, le case intelligenti rappresentano il 45% del totale dei dispositivi connessi in uso ma, grazie ai forti investimenti previsti nel campo dell’Internet delle cose e alle opportunità che si profilano, questa percentuale salirà fino all’81% entro il 2020.
Le zone residenziali svolgeranno progressivamente un ruolo di apripista all’interno delle smart city, investendo in varie soluzioni a livello delle singole abitazioni: con una maggiore penetrazione nel mercato e un costante aumento degli oggetti interconnessi, Gartner stima che il numero di unità supererà il miliardo nel 2017.
Le tecnologie smart domestiche più diffuse attualmente sono l’illuminazione a Led, il monitoraggio sanitario, le serrature e tutti quei device basati sui sensori, come il rilevamento del movimento o della percentuale di monossido di carbonio presente nell’aria.
I sistemi a Led faranno la parte del leone: da sei milioni di unità nel 2015 a 570 milioni entro il 2020. La luce subirà un cambiamento davvero sostanziale trasformandosi, da semplice fonte di illuminazione, in un vettore di comunicazione che incorpora sicurezza, salute, accertamento dell’inquinamento e così via.
Insieme a quello degli edifici commerciali, l’altro comparto che vivrà un periodo di boom è quello stradale, relativo sia ai servizi automobilistici che al monitoraggio del flusso di traffico.
Uno degli obiettivi che si prefiggono le città intelligenti è proprio quello di ridurre code e imbottigliamenti. In California e nel Regno Unito si stanno già sperimentando sensori incorporati in alcune arterie autostradali per diagnosticare in tempo reale le condizioni del traffico.
Uno sviluppo, anche di tipo concettuale, che permetterà di esplorare nuove modalità di applicazione degli oggetti connessi e porterà benefici anche all’economia. Non solo nel campo dell’hardware, che avrà comunque sempre il ruolo di apripista, ma anche nei servizi e nelle analisi.
Per i fornitori che hanno investito nelle tecnologie ci aspettiamo entro il 2020 una crescita dei ricavi di oltre il 50%, grazie ai servizi e ai software”, ha dichiarato Bettina Tratz-Ryan, research vice president presso Gartner. “Il settore della sicurezza rappresenterà il secondo maggiore mercato per fatturato entro il 2017 ed entro i prossimi cinque l’assistenza sanitaria e il comparto del fitness smart cresceranno verso un introito complessivo di quasi 38 miliardi dollari”.
Per l’Internet of Things serve un cambio di mentalità
Un fenomeno davvero trasversale, spalmato su tanti e diversi settori industriali e sul mondo consumer. Dalla domotica alle smart grid, passando per i dispositivi indossabili, l’IoT sta conquistando spazi nella vita quotidiana delle persone, ma anche generando nuove fonti di guadagno e di risparmi per aziende, utilities, amministrazioni pubbliche.
Con qualche rovescio della medaglia: nuove superfici di attacco cybercriminale, per esempio, e nuove sfide per chi deve proteggere i dati e le applicazioni aziendali.
Per conciliare l’Internet delle cose con la sicurezza che spetta a dati, applicazioni e reti è necessario un cambio di mentalità: è più importante capire dove rivolgere l’attenzione, su quali nuove criticità, piuttosto che spendere soldi per realizzare nuovi investimenti. Ecco in proposito l’opinione di Eugenio Libraro, regional director Italy&Malta di F5 Networks.
“L’Internet of Things: oggetti e apparecchi con sensori incorporati e chip capaci di comunicare online. Secondo Gartner, questo scenario si tradurrà entro il 2020 in 50 miliardi di dispositivi collegati a Internet. L'entusiasmo legato a questo nuovo mondo iper-connesso rischia di offuscare una problematica seria: il numero crescente di dispositivi collegati alla rete comporterà una catena di nuove implicazioni in termini di sicurezza.
Nelle aziende, il personale utilizzerà un numero sempre maggiore di dispositivi per lavorare e pretenderà che la propria organizzazione sia in grado di supportarli. Già oggi, in parte, le aziende si trovano ad affrontare queste richieste e riuscire a garantire il livello giusto in termini di sicurezza è un aspetto centrale della discussione.
Nel nuovo mondo IoT, FitBits è stato attaccato e le smart Tv si sono già rivelate vulnerabili. Non si tratta solo di alcuni casi isolati. Possiamo notare, inoltre, che i perimetri di rete sono al collasso, dal momento che l’It deve fare i conti con un numero enorme di dispositivi e applicazioni che vanno ben al di là del tradizionale perimetro di rete.
Più persone, dispositivi e applicazioni connessi comportano per il business l’essere in grado di scalare la propria architettura per soddisfare una domanda crescente. Tutto questo deve avvenire senza nuovi investimenti economici, dato che le aziende cercano costantemente di ridurre il total cost of ownership delle proprie infrastrutture di rete.
Non è facile riuscire ad allocare le risorse in modo dinamico con rapidità, sicurezza e affidabilità, ma si rivela essenziale in un ambiente in rapida evoluzione come quello descritto. Per implementare la sicurezza idonea all’IoT, è necessario un cambio di mentalità.
Siamo lontani dai giorni in cui investire in sicurezza significava semplicemente sostenere un costo iniziale elevato ed evidente. Ad esempio, gli attacchi DDoS – che puntano a rendere una macchina o una risorsa di rete non disponibile agli utenti a cui è indirizzata – richiedevano in passato soluzioni di mitigazione costose mentre oggi la protezione è disponibile As-a-Service.
Mantenere la sicurezza nell’era del IoT, quindi, non richiede una revisione completa della propria infrastruttura IT ma rende necessario prestare la massima attenzione ad alcune specifiche. Primo ,proteggere i dati a livello dell’applicazione: quando si crittografano le informazioni a livello di applicazione è possibile proteggere i dati sensibili e controllare l’accesso in modo più capillare rispetto a qualsiasi altra forma di crittografia.
Secondo: pianificare quale sarà l’afflusso dei dispositivi e che impatto avranno sulla capacità e sulla larghezza di banda. Terzo: se il personale utilizzerà dispositivi wearable per motivi di lavoro, sarà necessario elaborare delle linee guida sulle applicazioni e il grado di utilizzo ammissibile. Infine, è sempre fondamentale per l’azienda mantenere il controllo su chi ha accesso alla propria rete e ai dati. Capire chi accede, da dove e con quale dispositivo permetterà di mantenere questo livello di controllo.
In conclusione, la tecnologia e i processi sono in grado di supportare le aziende nell’affrontare il cambiamento del flusso di dati che sarà causato dalla tecnologia wearable, ma è necessario ricordare sempre il valore e i rischi connessi al fattore umano e mantenere i dipendenti aggiornati sui nuovi processi e sui regolamenti aziendali, in modo da facilitare un accesso ai dati di business nel rispetto delle politiche aziendali, a prescindere dai cambiamenti in atto nella tecnologia scelta dall’utente finale.
Garantire la sicurezza dell’IoT è possibile e una pianificazione attenta può fare molto in questo lungo percorso. Non pensate solo ai costi ma cercate di definire le priorità quanto prima. Non lasciatevi confondere dal cambiamento e non lasciate perdere, perché l’IoT è proprio davanti a voi.
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