Sostenibilità ambientale, cresce il peso nelle strategie aziendali
Secondo un’indagine di Format Research, la quota di imprese italiane che selezionano i propri fornitori sulla base di criteri di ecosostenibilità è salita oltre il 36%.
Pubblicato il 14 dicembre 2021 da Redazione

La sostenibilità ambientale conquista un’importanza crescente all’interno delle scelte di acquisto e di consumo. Il discorso vale certamente per le scelte individuali, come testimoniato da numerose ricerche sul tema, tra cui potremmo citare un recente studio di Sap e Qualtrics condotto su 1,250 consumatori italiani: il 44% dei partecipanti all’indagine ha detto di considerare importante la sostenibilità e in particolare in alcuni ambiti (alimentari e trasporti, per esempio) alte percentuali di utenti sono disposte a spendere qualcosa in più per prodotti e servizi più amici dell’ambiente. Ma l’attenzione alle tematiche ecologiche sta aumentando anche all’interno delle aziende.
Dalla quinta edizione dell’annuale “Osservatorio Sostenibilità & Comunicazione”, condotto da Format Research e promosso da Mediatyche, Homina e The Map Report, risulta che il 36,4% delle aziende selezioni i propri fornitori in funzione delle loro buone pratiche ambientali (con picchi del 45% tra le imprese dell’Emilia-Romagna e in quelle che operano nell’ingrosso), o almeno così dichiarano gli imprenditori coinvolti nel sondaggio. Da questi dati emerge una decisa evoluzione, perché nel 2020 la percentuale era ferma al 22,5%. “Per la prima volta”, ha sottolineato Pierluigi Ascani, fondatore di Format Research, “abbiamo registrato un’impennata nel numero di imprese, soprattutto del commercio e dell’industria localizzate in Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, che seleziona i propri fornitori in base alle loro capacità di risultare sostenibili. Stiamo parlando di quasi un’impresa su due, mentre lo scorso anno non si arrivava a una su quattro”.
L’universo dei consumatori e quello delle imprese si condizionano a vicenda. Per il 2021 l’indagine registra, infatti, un boom delle imprese che affermano di aver acquisito nuovi clienti grazie alle politiche di sostenibilità adottate dalla propria filiera: la percentuale sale dall’8,5% del 2020 al 14,8% di quest’anno. E nel settore degli imprenditori del commercio e dell’ingrosso, in particolare, il 18,7% dichiara di aver ricevuto dai propri clienti la richiesta di dimostrare il grado di sostenibilità della propria filiera.
Ma quanto sono ecologiste, effettivamente, le imprese italiane? Leggendo tra le righe dei dati, sembra di intuire che lo siano meno di quanto dichiarano. Ben l’84,4% degli imprenditori ha detto di ritenere sostenibile la propria impresa, e tuttavia solo nel 18% delle aziende esiste una figura che si occupa di politiche per la sostenibilità (il 46% prevede comunque di istituire tale ruolo all’interno dell’organico entro i prossimi tre anni). Solo il 27,9%, inoltre, elargisce premi ad hoc ai manager che raggiungono risultati positivi in quest’area.
In fatto di trasparenza e comunicazione delle buone pratiche, le aziende italiane stanno compiendo dei progressi ma sono ancora lontane dall’optimum. Nel 2020 solo il 16,3% delle imprese del campione redigeva un bilancio di sostenibilità o ambientale, mentre nel 2021 la percentuale si avvicina al 20%. Solo l’11% delle aziende, però, è in grado di trasformare le proprie performance in statistiche rendicontabili. Anche la conoscenza delle opportunità da cogliere è scarsa, poiché sul Pnrr esistono perlopiù idee vaghe e soltanto un imprenditore su tre crede di poter beneficiare in maniera diretta dei finanziamenti e degli incentivi previsti dal piano.
“C’è un gigantesco problema di comunicazione verso l’esterno”, hanno commentato a quattro mani Massimo Tafi e Omer Pignatti, rispettivamente fondatore di Mediatyche e di Homina, “che rischia di avere ricadute pesanti nel momento in cui verranno pubblicati i bandi per l’accesso ai fondi del Pnrr. Solo chi saprà dimostrare di aver implementato il proprio modello di business potrà beneficiare di queste risorse, importanti sia per la transizione ecologica sia digitale. Il rischio più grande è assistere alla moltiplicazione di campagne di puro greenwashing: la sostenibilità, per essere comunicata, deve essere misurabile e servono professionisti in grado di farlo. Altrimenti si rischia il cortocircuito”.
Può essere efficace, anche in quest’ottica, adottare politiche di filiera che permettano di “spalmare” eventuali costi contingenti su più attori. In ogni caso, per il 50% degli imprenditori rimane un gigantesco problema legato alla burocrazia, che complica, rallenta o addirittura impedisce l’accesso a fondi e incentivi fiscali.
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