23/06/2022 di Redazione

Leadership gentile, che cos’è e come può aiutare le aziende

Come sta cambiando la leadership in azienda e come sfruttare il modello dei nudge tool? Intervista a Massimo Lugli, coautore di Nudge solutions program.

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Il tema della leadership in azienda è sempre attuale, perché il modo in cui un dirigente o manager sceglie di guidare un gruppo di lavoro, una divisione o l’intera impresa riflette anche la cultura dell’epoca, oltre che le inclinazioni e strategie personali. Oggi si parla molto di inclusione, integrazione, trasparenza, valori che si sovrappongono al cambiamento globale causato dalla pandemia. Con l’affermazione del lavoro ibrido un maggior carico di responsabilità individuale grava (nel bene e nel male) sui singoli dipendenti. Abbiamo parlato di leadership gentile con Massimo Lugli, project manager e consulente, nonché coautore (insieme a Paolo Bruttini) del libro Nudge solutions program. Cambiamento gentile e strumenti per la leadership aperta, edito da Guerini Next.

Perché oggi è importante ragionare in termini di "leadership gentile", anziché semplicemente efficace e orientata ai risultati?
Oggi per ottenere risultati ed essere efficaci la leadership deve coinvolgere le persone.   Gli ultimi dati pubblicati dall’osservatorio Change Management di AssoChange, presentati a inizio 2020, ci mostrano che solo la metà dei progetti di cambiamento realizzati nel 2019 dalle aziende intervistate hanno raggiunto il 60% dei risultati stimati e solo un progetto su otto li ha raggiunti pienamente. Risulta evidente quindi che il compito di un leader è di creare le condizioni necessarie affinché le persone si sentano coinvolte e responsabili dei risultati e dei progetti su cui lavorano.

Dalla survey, infatti, è emerso che il 47% delle persone partecipano a iniziative di cambiamento solo se attivate (ovvero con la logica top down) e che il loro comportamento è semplicemente quello di “accettazione”. Ma “accettazione” non è sinonimo di engagement ed è questo il motivo per cui solo un progetto su otto raggiunge il successo al 100%, mentre oltre la metà non raggiunge neppure il 60%.

La leva a disposizione dei leader per ingaggiare le persone riguarda ciò che nel nostro libro abbiamo chiamato gentilezza. È utile però chiarire che cosa sia la gentilezza e che cosa non sia. Spesso la gentilezza è associata a cortesia, dolcezza, compiacenza, benevolenza, delicatezza, affabilità, cordialità, educazione, amabilità. Ma la gentilezza corrisponde solo in parte a tutte queste doti.  Rteniamo, infatti, che sia il più potente strumento per innescare processi di coinvolgimento e ingaggio. La gentilezza attiva il confronto e il dialogo. In azienda, ad esempio, è lo strumento che permette a capi e collaboratori di confrontarsi e decidere. È importante sottolineare che quindi la gentilezza non esclude il conflitto. Non neutralizza le opinioni diverse. Le accetta, come parte inevitabile della relazione.  La gentilezza in azienda si connette con altri importanti concetti: chiarezza, trasparenza, apertura, empatia, supporto, sviluppo, rischio, gestione del conflitto. 

Ci fa qualche esempio concreto?
Leadership gentile significa, per esempio, comunicare la visione aziendale in modo chiaro e trasparente. Dichiarare aspettative e raccogliere quelle dei collaboratori. Creare un ambiente sicuro, basato sulla fiducia reciproca, aperto al confronto, dove i leader si mettono al servizio del loro team e vicevers. Significa dare obiettivi chiari, fare patti, essere disponibili a negoziare con collaboratori e team, dare feedback costanti per orientare le persone, e infine diffondere una cultura che valorizzi la leadership più che la gerarchia.

È finita, secondo noi, la fase in cui il leader si pone come l’unico depositario di tutte le risposte.  Un approccio basato sulla gentilezza permette di far emergere il vero potenziale delle persone.  Questo permetterebbe inoltre di far fronte al fenomeno della “Great Resignation” di cui stiamo leggendo in questi giorni. È necessario evitare che le energie e le conoscenze maturate in azienda “scappino”. C’è bisogno di valorizzare questa vitalità e canalizzarla.  In questo senso osserviamo un cambiamento in atto. C’è sempre maggiore consapevolezza della necessità di sviluppare nuovi modelli organizzativi che coniughino questi aspetti.  

Su questi aspetti le aziende italiane sono allineate allo scenario globale?
La realtà italiana come quella internazionale è attualmente molto variegata. La pandemia ha spinto ulteriormente le aziende verso nuovi modelli organizzativi. Da un lato si sono sviluppate forme di lavoro ibrido che richiedono modelli organizzativi basati sulla fiducia e la responsabilizzazione. Ma allo stesso tempo con l’uscita dall’emergenza abbiamo importanti leader che affermano orgogliosi il ritorno a modelli pre-pandemici. Dal nostro livello di osservazione e attraverso le informazioni che possiamo raccogliere dagli organi di informazione, vediamo una realtà molto eterogenea, ancora in movimento e alla ricerca di un nuovo equilibrio. Le dinamiche sono però note. Come sempre cambiare per alcuni è eccitate mentre ad altri crea timori. Per alcuni vi è la speranza di migliorare la propria condizione mentre altri percepiscono la possibilità di perdere le posizioni acquisite

Massimo Lugli

Massimo Lugli

La pandemia ha agito come una forza trasformativa?
La pandemia ha generato nella sua fase iniziale diverse aspettative. La frase “niente sarà più come prima” ci ha accompagnato per i primi mesi. A seconda poi dei punti di vista, delle diverse realtà e dei diversi interlocutori è stata completata con “… sarà meglio di prima” oppure con “… sarà peggio di prima”.  Quello che suggeriamo è l’idea di un cambiamento gentile.  Un approccio che mette in primo piano gli strumenti più che le motivazioni. Il cambiamento in un certo senso viene dato per scontato, naturale. Occorre quindi una spintarella per affrontarlo. I Nudge Tool hanno questo compito. 

Quali tecnologie o soluzioni digitali possono contribuire a una gestione dell'azienda di questo tipo?
Le tecnologie e il digitale oggi sono strumenti indispensabili. Eliminano gli alibi. Passare a un modello organizzativo in cui le persone siano responsabilizzate e possano contribuire al raggiungimento degli obiettivi è garantito dalla velocità di calcolo, dalla possibilità di elaborare dati e di rilasciare report, ma soprattutto dalla possibilità di connettere le persone in modalità asincrona. Non ci sono più scuse. La tecnologia da sola però non basta. Se la cultura dell’organizzazione si basa su un paradigma improntato ad esempio sul controllo, le tecnologie possono essere anche controproducenti. Le stesse tecnologie verranno utilizzate non per avvicinare ma per creare ancora più distanza, alimentare un clima di sfiducia e di sospetto. Sappiamo che in alcune realtà questo è ciò che è accaduto nella seconda fase della gestione della pandemia. Occorre un ambiente in cui le relazioni tra le persone siano incentrate sulla fiducia e la gentilezza. In questo caso le tecnologie sono il turbo. Tecnologie e cultura organizzativa sono in stretta connessione. Occorre investire su entrambe. 

Come funzionano, nella pratica, i nudge tool?
La teoria Nudge, resa popolare dai ricercatori di economia comportamentale Richard Thaler e Cass Sunstein, parte dall’idea che le persone sono soggette a pigrizia, e vanno quindi “spinte” gentilmente a ad attivarsi e prendere decisioni su problemi che riguardano loro o la propria comunità. Secondo tale logica i nudge tool sono quindi gli strumenti che spingono le persone ad attivarsi, favoriscono il passaggio all’azione. Piuttosto che lamentarsi dei problemi a produrre soluzioni che possano risolvere il problema.

Ogni tool ha una sua architettura specifica, che guida e accompagna le persone favorendo la partecipazione e il contributo di tutti. Sono strumenti agili per risolvere i problemi, decidere insieme, fare team building, innovare. Insomma, per aiutare le persone a lavorare meglio. Strumenti gentili che facilitano lo scambio, la condivisione, il confronto, il lavoro in team, la produzione delle idee, l’individuazione di soluzioni. In questo senso abilitano quindi anche un mindset orientato all’uso delle tecnologie.  Sono pronti all’uso, sono facili da capire e da usare.

I tool spesso prevedono un canvas: ovvero un cartellone che va appeso al muro oppure riprodotto su carta o su un grande schermo.  Le persone lavorano prima individualmente e spesso scrivono le loro idee su un post-it.  I post-it vengono attaccati al canvas e raggruppati in categorie (ad esempio obiettivi, ostacoli, risorse, eccetera), per poi poter essere attaccati, staccati, spostati, gettati, sostituiti. Il lavoro è iterativo e incrementale. C’è quasi sempre un facilitatore: non è un guida ma è una persona che aiuta, stimola, include chi parla di meno. Ciò che conta è che tutti possano dare il meglio e quello che viene prodotto sia condiviso.

I nudge tool si possono usare in presenza, in una sala riunioni con i colleghi ed anche coi clienti: basta una parete libera, dei post-it e un po’ di voglia di confrontarsi.  Si usano da soli per dare ordine alle proprie idee e prepararsi a una riunione o a un colloquio.  Si usano a distanza con altri colleghi in smart working, contesto in cui c’è un grande bisogno di ingaggiare, attivare le persone, coinvolgerle: i nudge tool quindi sono perfetti. 

C'è qualche storia italiana di trasformazione in ottica di leadership gentile?
Novacoop  ha colto il valore del cambiamento gentile, cioè ha messo in circolo le energie e le competenze presenti nel sistema per favorire l’utilizzo dei nudge tool nei gruppi di lavoro. Questi strumenti di facilitazione rappresentano, come abbiamo detto, una risorsa chiave per coinvolgere le persone e ingaggiarle consapevolmente. Grazie al management di Novacoop, che progressivamente ne ha visto le potenzialità, il cambiamento gentile si è diffuso nell’organizzazione. È avvenuto partendo da un’esperienza pilota su un gruppo di lavoro coinvolto per migliorare il servizio al cliente, ed è stato favorito dalla presenza di facilitatori interni che una volta formati alla nuova modalità hanno saputo cogliere l’occasione per sperimentare gli strumenti e proporli attivamente.

Sono state realizzate esperienze varie, diverse per obiettivi ma accomunate allo stesso presupposto: mostrare come ciascuna persona possa portare il proprio contributo di valore nella soluzione di un problema che la vede protagonista. Le esperienze realizzate da Novacoop includono il miglioramento dell’organizzazione del reparto, il miglioramento del servizio al cliente, l’indagine di clima, la risoluzione del conflitto in un gruppo di lavoro, il riordinare processi e identificare azioni di miglioramento, il lavoro per obiettivi in un contesto libero, lo sviluppo di un piano di lavoro, la raccolta e diffusione di buone pratiche, e infine la mappatura dell’esperienza dei clienti.

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