15/09/2022 di Ezio Viola

Anche il mondo finance si tinge di verde

I fattori Esg pensano sempre di più nella valutazione finanziaria delle aziende, mentre in contemporanea avanzano gli investimenti “green” all’interno del comparto.

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La redditività e la rischiosità delle attività aziendali rappresentano i driver del mercato dei capitali, ma negli ultimi anni l’importanza di questi due indicatori sta lasciando spazio al fattore della sostenibilità aziendale. Questo concetto esprime la misura in cui le attività dell’azienda sono sostenibili da un punto di vista non solo economico, ma anche ambientale e sociale, e rappresenta un elemento sempre più rilevante nelle decisioni di investimento. Ciò è dovuto a un lento processo di transizione verso una finanza sempre più green.

Dopo la crisi finanziaria del 2008 la rilevanza di questi temi nelle decisioni di investimento è cresciuta notevolmente, tanto da far nascere la necessità di strumenti di valutazione non limitati alla redditività dell’azienda. In questo contesto si affermano i fattori Esg, ovvero le variabili ambientali (Environment), sociali (Social) e di governo aziendale (Governance) che vengono influenzate o che influenzano a loro volta le attività aziendali. L’idea su cui è basata l’implementazione di questi concetti all’interno del mercato dei capitali è che, valutando le imprese secondo questi valori, esse dovranno rendere conto alla totalità degli stakeholder. Ciò diventa possibile dal momento in cui la loro performance viene valutata guardando non solo alla redditività e al rischio associato alle attività, ma anche all’impatto l’operato aziendale ha sull’ambiente e sulla società che la circonda.

Le difficoltà di misurazione

Oggi è spesso difficile avere parametri di misurazione confrontabili che quantifichino l’impatto degli eventi ambientali o sociali, così come è difficile avere sistemi di rendicontazione integrata, che consentano di valutare l’attività aziendale nella sua totalità, affiancando informazioni riguardanti il rapporto tra impresa, ambiente e società ai dati finanziari. Nonostante queste difficoltà, i fattori Esg stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante negli investimenti globali, spinti da una maggiore consapevolezza riguardo ai temi ambientali e sociali.

Inoltre, come rilevato dal report dell’Esg European Institute, l’importanza di questi fattori ha reso necessaria l’integrazione di indicatori a essi connessi nelle procedure di rendicontazione aziendale. Per quanto riguarda il tema ambientale vengono presi in considerazione indicatori che hanno a che fare con l’inquinamento e i rifiuti, il cambiamento climatico, i processi di urbanizzazione, la scarsità di risorse. Nella sfera sociale assumono rilevanza aspetti come la tutela dei diritti umani, le condizioni di lavoro, le pari opportunità, la sicurezza dei dati. Sul piano della governance aziendale si guarda invece ad elementi come l’indipendenza del consiglio di amministrazione, le retribuzioni dei manager, le politiche fiscali o, ancora, gli aspetti etici delle attività realizzate dalle aziende.

Alcuni di questi aspetti, però, risultano difficili da inquadrare all’interno di misure quantitative e richiedono il ricorso a strumenti di natura qualitativa, capaci di descriverne l’impatto. Nonostante queste limitazioni, la misurazione della performance di sostenibilità aziendale è necessaria per quattro motivi: impedisce possibili pratiche di greenwashing; garantisce un processo di valutazione oggettivo; migliora la divulgazione delle informazioni relative alla performance ambientale e sociale nei confronti degli stakeholder che vengono influenzati da esse; consente la mappatura dei rischi legati all’impatto non finanziario delle attività aziendali.

Il posizionamento strategico delle aziende, sia nei confronti dell’esposizione al rischio sia per quanto riguarda i provvedimenti adottati per arginarlo, prevede l’adattamento dei modelli di business alle più recenti normative ed è valutato accuratamente in sede di investimento. Il concetto di rischio climatico è composto dal pericolo materiale (definito come l’impatto del surriscaldamento globale sugli asset aziendali), dal danno reputazionale derivante da determinate azioni o dalla mancanza di esse, e dal rischio di transizione, che riguarda le possibili perdite finanziarie connesse all’adeguamento del business alla gestione sostenibile.

Investimenti “verdi” in crescita

Le valutazioni in questi ambiti hanno portato a una rinnovata considerazione delle azioni non finanziarie delle aziende, che rientrano all’interno della generazione di valore di lungo periodo. Questa pratica prevede l’esclusione dalle decisioni di investimento delle aziende che non attuano provvedimenti di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Da qui nasce l’Esg investing, che aggiunge a questi principi il focus sulla governance aziendale nella valutazione della crescita delle imprese.

La spinta all’adozione di soluzioni Esg non arriva solamente dalla crescente consapevolezza della finanza nei confronti di questi temi. Le istituzioni pubbliche europee e italiane hanno contribuito significativamente alla diffusione di strumenti per la finanza sostenibile, sia creando fondi dedicati sia assumendo il ruolo di primi investitori. Questi provvedimenti hanno impattato sul mercato azionario italiano, che tra il 2015 e il 2020 ha assistito a una crescita significativa delle soluzioni Esg, per arrivare nel 2021 ad avere una quota del 29% di investimenti sostenibili sul totale dei fondi aperti.  Secondo Assogestioni, nel primo trimestre del 2021 l’industria del risparmio gestito in Italia contava 1.063 miliardi di euro di patrimonio promosso dai fondi aperti; le variabili ambientali e sociali erano considerate nella politica di investimento per il 25,9% del totale, cioè 276 miliardi di euro. Come evidenziato dai dati BlackRock, gli asset gestiti secondo criteri di sostenibilità stanno crescendo sul mercato dei capitali. Il fenomeno si manifesta sia a livello mondiale, dove le soluzioni Esg hanno toccato nel 2021 i 607 miliardi di dollari, sia per quanto riguarda l’Italia, dove è stato registrato un aumento dl 69,2 miliardi di euro negli investimenti Esg e una riduzione di 20,4 miliardi di euro di quelli non Esg.

In aggiunta agli investimenti citati, è rilevante considerare la diffusione dei green bond. Questo strumento consiste in obbligazioni legate a progetti di sostenibilità, che dal 2007 sono entrati a far parte del mercato finanziario e riflettono l’importanza della transizione ecologica sul mercato azionario. Guardando ai dati raccolti dalla Climate Bond Initiative, nell’Unione Europea nel 2021 risultavano investiti 210,9 miliardi di dollari in green bond, con una crescita del 47,1% in un anno. In Italia l’aumento dei green bond fra il 2020 e il 2021 è stato di circa 15 miliardi di euro. Le consistenze sono passate da 4,5 miliardi a 19,6 miliardi di euro, con un incremento del 336%. Tra i settori più attivi nell’acquisto di green bond spiccano energia, costruzioni e trasporti.

Un percorso tracciato

Si sta assistendo, dunque, all’affermazione di una nuova modalità di fare impresa e più in generale di business, ampliando la logica dei modelli economici e dei bilanci per includere anche quei fattori – ambiente, salute, società, etica – un tempo trascurati. Questo nuovo approccio, caratterizzato dalla presenza della doppia P, dove accanto e direi in aggiunta al profit c’è il purpose (lo scopo), viene sempre più apprezzato da aziende e organizzazioni appartenenti a diversi settori e incomincia a essere premiato anche dai mercati. Sul tema è di nuovo  intervenuto di recente anche il Ceo di BlackRock, Larry Fink, che ha parlato della necessità di promuovere un “capitalismo responsabile trasparente”, affermando che “utili e scopo non sono affatto in contraddizione, anzi risultano indissolubilmente legati tra loro, poiché gli utili sono essenziali a una società per servire efficacemente tutti i suoi portatori d’interesse nel tempo e lo scopo guida la cultura, creando un quadro di riferimento per un processo decisionale coerente e contribuendo a sostenere i rendimenti finanziari”. 

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